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Renato Casarotto (    - 1986)

 

 

Renato Casarotto: (Vicenza), alpinista completo di grande esperienza internazionale, sono memorabili le sue imprese solitarie d’estate e d’inverno sulle Alpi ed in Dolomiti.

Nel 1977 è stato protagonista di un’impresa che lo pone ai vertici assoluti dell’alpinismo solitario. Egli ha precorso da solo l’altissima e pericolosa parete Nord del Nevado Huascaran, la cima più alta della Cordillera Blanca (Ande Peruviane) Rimanendo in parete per più di venti giorni senza alcun contatto con il basso. Casarotto ha superato tratti di difficoltà estrema in una parete molto pericolosa e soggetta a franamenti. Nessun altro alpinista prima di lui aveva mai osato nulla di simile. Casarotto ha dato in questa occasione una dimostrazione magnifica di preparazione psico-fisica e di audacia. La sua impresa indubbiamente apre il cammino alle scalate solitarie sui colossi himalaiani.

Il 16 luglio 1986 precipita in un crepaccio vicino al campo base di ritorno dalla cima del K2.

 

Ha compiuto numerose salite invernali in condizioni proibitive, spesso in solitaria, effettuando spettacolari concatenamenti superando difficoltà estreme, valutate tutt’oggi di VII° grado.

E’ fra i massimi alpinisti di tutti i tempi, possedeva doti umane eccezionali per modestia e disponibilità, lontano da divismi e dalla commercializzazione delle proprie prestazioni che invece hanno caratterizzato l’attività di tanti suoi contemporanei.

 

All’inizio dell’estate del 1977 si diffonde nel mondo dell’alpinismo una notizia eclatante: uno sconosciuto vicentino, Renato Casarotto, ha salito tutto solo in 17 giorni una via diretta sulla Nord del Nevado Huascaran, nelle Ande Peruviane. E’ stato in parete dal 5 al 21 giugno, incontrando difficoltà estreme, assistito soltanto dalla giovane moglie Goretta al campo base. Così si rivela il fenomeno Casarotto, che ha quasi trent’anni e lavora ancora come impiegato presso le Ferrovie dello Stato. Renato, che ama la ricerca e l’esplorazione, ha al suo attivo molte imprese di alto livello sulle Dolomiti Orientali, dove ha toccato più volte il tetto proibito del settimo grado; in oltre si è aggiudicato le solitarie invernali della via Simon-Rossi sulla parete Nord del Pelmo e della Andrich-Faè sulla Punta Civetta.

Ma ora intende passare al professionismo e misurarsi con i grandi progetti di livello internazionale.

Metodico, posato, timido ma animato da un inesauribile fuoco interiore, è dotato di resistenza e costanza straordinarie. Appare quasi a disagio nel suo tempo nevrotico, dove anche gli alpinisti si vanno misurando sempre di più con la velocità e la performance. Lui a fretta di recuperare il tempo perduto, questo sì, ma non teme le lunghe permanenze solitarie il parete, arrampica quasi sempre autoassicurata e confida più nella pazienza che nelle virtù atletiche e acrobatiche (che pure possiede). Inoltre ama il granito come il calcare, la roccia come il ghiaccio, anzi è assetato di esperienze che possano ampliare il suo orizzonte un po’ provinciale.

Nel 1978, al battesimo con le “Big Wall” californiane, porta a termine in quattro giorni la prima salita solitaria della storica via di Yvon Chouinard sulla parete Sud del Mount Watkins.

L’anno seguente, in gennaio, affronta senza compagni il fantastico pilastro Nord-Nord-Est del Fitz Roy, in Patagonia; dopo la posa di alcune corde fisse, supera i 1500 metri di granito battuti dal vento con una progressione che ricorda il leggendario Bonatti del Petit Dru. Dedica affettuosamente il pilastro alla moglie Goretta, che lo ha atteso alla base come sempre.

Poi viene la grande sfida himalayana, al seguito della Spedizione Messner alla “Magic line” del K2. Il gruppo rinuncia alla cresta Sud-ovest, ma Casarotto desiste anche dalla via normale ed esce profondamente deluso e sfiduciato dall’avventura super sponsorizzata. Messner è il divo, lui è l’antidivo: i due non si capiscono.

Nel 1980 tenta e fallisce il Makalu nella stagione invernale.

Ma dopo un intenso anno di transizione, tra il 1° e il 15 febbraio del 1982 realizza una delle più belle imprese alpine concepibili da un uomo solo: la trilogia del Frêney. Senza contatti con la valle e senza depositi intermedi, sale in successione la parete Ovest dell’Aiguille Noire de Peutérey per la via Ratti-Vitali, il Pilastro del Pic Guglielmina per la via Gervasutti-Boccalatte e il Pilone Centrale per la via Bonington. Casarotto non conosce nessuno dei tre itinerari ed è costretto a forzare l’uscita in cima al Monte Bianco nell’angoscia di una bufera invernale.

Ormai è un grande maestro della stagione fredda e lo dimostra dal 30 dicembre al 19 gennaio seguenti con una solitaria ai limiti delle possibilità. La parete è la Nord del Piccolo Mangart di Coritenza, nelle Alpi Giulie; la via è il temutissima diedro Cozzolino. Le spessissime condizioni della roccia, quasi completamente incrostata di ghiaccio, lo obbligano a una progressione rischiosa ed esasperante: in un intero giorno non riesce a superare che 20 metri di parete!. Poi la sua costanza, ancora una volta, gli consente di risolvere l’intricatissimo rebus.

Nel 1983 ritorna alle grandi montagne e in sette giorni scala il notevole sperone Nord del Broad Peak Nord (7538 m.), in Karakorum. Si riconcilia con l’alta quota.

Nel 1984 si sposta in Alaska e lascia la zampata del campione sulla cima più alta, il Mount McKinley, percorrendo in prima ascensione l’interminabile cresta Sud Est, “The ridge of no return”: 5 chilometri di sviluppo, un labirinto di cornici infernali, agguerritissime cordate respinte prima e dopo il suo passaggio solitario.

E’ ancora sulle Alpi , nel marzo 1985, e porta a compimento un caro progetto che gli è costato ben sei tentativi: la solitaria invernale della via di Giusto Gervasuti sull’austera parete Est delle Grandes Jorasses. Un atto di stima verso il grande alpinista friulano.

La sua storia straordinaria si conclude in un crepaccio alla base del K2. Casarotto è ritornato sulla cresta Sud-Ovest, il boccone amaro del 1979, l’ambitissimo problema himalayano già tentato senza successo dai migliori alpinisti del mondo. Nel pomeriggio del 7 luglio ha raggiunto quota 8300, a soli 300 metri dalla vetta. Poi la bufera lo ha costretto a retrocedere. Ci riprova il 14 luglio, ma il tempo si rimette al brutto. Scende per l’ennesima volta, solo, sfiduciato, alla sera del 16 luglio 1986 è di nuovo sul ghiacciaio. A venti minuti dalla tenda, su un percorso che ormai conosce a memoria, cede un ponte di neve. Ferito a morte, riesce con la radio a chiamare Goretta, al campo. Scattano i soccorsi, ma ormai non c’è più niente da fare. Nelle braccia di Gianni Calcagno muore uno dei grandi solitari della storia, un cavaliere fuori dal tempo.

Forse Casarotto ha raccolto gli ultimi scampoli di un alpinismo antico e irriproducibile, senza compromessi, apparentemente condannato alla via del tramonto. Forse il suo decennio ha concesso l’ultima titanica e nostalgica rielaborazione della fida originaria: soltanto l’uomo e la montagna, con “mezzi leali”. O forse il concetto di “classicismo”, di cui sfugge la definizione, non è che un concetto in divenire.

 

 

 

 

 

 


1972Renato Casarotto, solitario rocciatore vicentino, idea e realizza una delle sue sgroppate, stile grande corse: la traversata integrale del Civetta lungo la cresta spartiacque. In cifre: 5 giorni di arrampicata, 22 cime, 4.000 metri di dislivello!. Suo compagno è Giacomo Albiero.

Casarotto, tra le montagne, nascosto tra le sue imprese, sta cercando qualcosa di molto intimo e personale, qualcosa che non è possibile descrivere a parole.

 

1974 – I primi veri “puristi” italiani sono Maurizio Zanolla detto “Manolo” e Renato Casarotto.

Renato Casarotto è il primo a cimentarsi con successo in grandi scalate solitarie ed invernali. In cinque giorni, a dicembre, vince la parete Nord del Pelmo per la via Simon-Rossi. Ascensione portata a termine in stile alpino, senza nessun tipo di collegamento, se non quello morale della moglie Goretta in attesa alla base della parete.

 

1975Renato Casarotto e Pietro Radin trovano la loro Yosemite Valley: avvicinamento alla parete lungo e faticoso; posizione nascosta e selvaggia; parete di 1000 metri segnata da linee regolari e geometriche: E’ lo Spiz di Lagunaz (Pale di San Lucano), un mondo totalmente a parte.

 

1975 - Renato Casarotto, sale la vertiginosa parete Sud dell'Huandoy insieme con l'amico. Agostino Da Polenza.

 

1977Renato Casarotto parla quasi ufficialmente di 7° (6b-). Gli sono necessarie molte ripetizioni di impegnative vie per dichiarare con sicurezza, sul diedro Sud dello Spiz di Lagunaz (Pale di San Lucano) superato con Bruno De Donà: «Ho superato un diedro di 7 metri che secondo me era di 7° grado. Inviai la nota tecnica ad Alpi Venete (una rivista) per la pubblicazione, ma la redazione mi consigliò di essere cauto nei giudizi e non pubblicò la mia relazione per non suscitare scandalo e polemiche in seno agli ambienti alpinistici veneti».

 

1978 - Gianni Comino, Giancarlo Grassi e Renato Casarotto, inventano una via improbabile sulla parete Nord dell’Aiguille Verte.

 

1978 - Renato Casarotto al battesimo con le “Big Wall” californiane, porta a termine in quattro giorni la prima salita solitaria della storica via di Yvon Chouinard sulla parete Sud del Mount Watkins.

 

1978 - 21 luglio. Renato Casarotto, Gianni Comino e Gian Carlo Grassi, dalla Brenva per il canale Nordest raggiunsero la Brèche Sud de Dames Anglaises. I primi salitori partirono dal Rifugio-Bivacco Ghiglione e scesero sul bordo del ghiacciaio della Brenva fin sotto il ghiacciaio sospeso alla base del canale. Sopra la crepaccia (dove appare una lastronata di roccia che con poca neve può essere insuperabile si sale il ghiacciaio sospeso e si entra nel canale. Lo si supera interamente (cadute di sassi dall'Aiguille Noire). Una decina di metri prima di un diedro-camino finale si piega a destra su una rampa per 2 lunghezze (misto) e per un canalino di 40 m. (IV°, IV°+, friabile) si esce a un intaglio presso la Brèche Sud de Dames Anglaises. - Contrafforti Italiani - Massiccio del Monte Bianco.

 

1978 - 26-27 agosto.  Renato Casarotto con Gian Carlo Grassi e Giovanni Groaz salirono per il Diedro e il pilastro Est della spalla Sudovest del Mount Maudit dal Versante della Brenva aprendo la via Casarotto, con un’arrampicata molto bella interamente in libera, su roccia magnifica. Utilizzati 25 chiodi. Dislivello 700 m. Difficoltà ED, dal IV° + al VI° sostenuto. - Gruppo Mont Maudit - Massiccio del Monte Bianco.

 

1979 – gennaio. Renato Casarotto, affronta senza compagni il fantastico pilastro Nord-Nord-Est del Fitz Roy, in Patagonia; dopo la posa di alcune corde fisse, supera i 1500 metri di granito battuti dal vento con una progressione che ricorda il leggendario Bonatti del Petit Dru. Dedica affettuosamente il pilastro alla moglie Goretta, che lo ha atteso alla base come sempre.

 

1979 – 12 luglio. La spedizione internazionale diretta da Reinhold Messner progetta la cosiddetta “Magic Line”, una nuova via lungo il Pilastro Sud del K2 sulla base di foto aeree. Arrivati sul posto, però i componenti della spedizione constatano l'impossibilità di salire il pilastro e decidono di salire per la Via normale dello Sperone Abruzzi. Reinhold Messner divide quindi la spedizione in tre gruppi che si muoveranno autonomamente. Reinhold Messner insieme Michael Dacher raggiunge la vetta il 12 luglio. (Quarta ascensione). Si tratta della prima ascensione della montagna in stile alpino (il K2 era già stato salito senza l'uso di ossigeno nel 1978, ma da parte di una spedizione pesante). Gli altri due gruppi, formati da Alessandro Gogna, Friedl Mutschlechner, Robert Schauer e Joachim Hoelzgen, non riescono a raggiungere la vetta a causa del sopravvenuto maltempo. Della spedizione faceva parte anche Renato Casarotto, che tuttavia non partecipa ai tentativi finali. - Karakorum - Himalaya.

 

1979 – 12 luglio. Reinhold Messner Organizza una spedizione internazionale con un ambizioso obiettivo, quello di salire l’elegante Cresta Sud-Sudovest del K2, battezzata poi durante i preparativi “Magic Line”, che sale diritta alla vetta dalla Sella Negrotto. Fanno parte della spedizione l’austriaco Robert Schauer, i tedeschi occidentali Joachim Hoelzgen (reporter), Michael Dacher e Ursula Grether (medico) e gli italiani Renato Casarotto, Friedl Mutschlechner e Alessandro Gogna. Per un infortunio Ursula Grether deve abbandonare già durante la marcia d’avvicinamento; il portatore Alì figlio di Kazim, cade in un crepaccio vicino al campo base e muore. Dopo alcune ricognizioni (una perfino sulla nervatura centrale del versante Sud, futura via Kukuczka), la squadra accantona il progetto della “Magic Line” per affrontare invece la salita dello Sperone Abruzzi senza portatori e senza ossigeno (lasciato al campo base solo per eventuale uso medico). Vengono quindi stabiliti tre campi, sulle orme degli italiani di Ardito Desio e dei giapponesi: date le caratteristiche di leggerezza della spedizione, i campi corrispondono rispettivamente al campo due quotato 6095 m, campo cinque 6678 m. e campo sette 7345 metri della spedizione di Ardito Desio; questo assetto di campi sarà poi quello normale cui si atterranno tutte le successive spedizioni. I due portatori hunza portano carichi non oltre il campo uno. Reinhold Messner e Michael Dacher, dopo aver posto una tendina a 7950 metri (campo 4) giungono in vetta il 12 luglio (Quarta ascensione). - Karakorum - Himalaya.

 

1980 - Renato Casarotto tenta e fallisce il Makalu nella stagione invernale.

 

1981Renato Casarotto non resta mai fermo e in quel periodo è impegnato sull’Antelao per aprire vie di notevole difficoltà. Con Maurizio Dall’Omo sale 900 metri preceduti da una traversata iniziale di 300 metri su placche di 6b della parete Nord del Monte Ciaudierona.

 

1981Renato Casarotto sempre con Maurizio Dall’Omo, Ernesto Querici e Fiore Piaia aprono sempre sull’Antelao, sulla parete Sud della Cima Cariatide una via che supera in apertura difficoltà di 6b.

 

1981 – Quattro anni dopo la prima realizzazione di una via di 7° grado (6b) da parte di Renato Casarotto, la stessa redazione che a suo tempo rifiutò di pubblicarne il resoconto, perché troppo avanti coi tempi, oggi gli pubblica una serie di relazioni…tutte di 7° grado.

 

1981 - 22 luglio. Renato Casarotto con Gian Carlo Grassi e Jean-Noel Roche ripetono la salita per il Couloir Nord del Petit Triolet che credevano di compierne la prima ascensione. Questo colatoio occupa il fianco destro dei 2 primi risalti dello sperone Nord del Petit Triolet. Bell'itinerario di ghiaccio. - Gruppo Triolet-Dolent - Settore dell'Aiguille Verte - Massiccio del Monte Bianco.

 

1982 – 1/15 febbraio. Renato Casarotto realizza una delle più belle imprese alpine concepibili da un uomo solo: la Trilogia del Frêney in invernale solitaria. Senza contatti con la valle e senza depositi intermedi, sale in successione la Parete Ovest dell’Aiguille Noire de Peutérey per la via Ratti-Vitali, il Pilastro della Punta Gugliermina per la via Gervasutti-Boccalatte e il Pilone Centrale del Freney per la via Bonington. Renato Casarotto non conosce nessuno dei tre itinerari ed è costretto a forzare l’uscita in cima al Monte Bianco nell’angoscia di una bufera invernale. - Contrafforti ItalianiMassiccio del Monte Bianco.

 

19827/9 febbraio. Renato Casarotto realizza la 1° solitaria invernale della via Gervasutti-Boccalatte per il Pilastro Sud-Sudovest della Punta Gugliermina. - Contrafforti Italiani - Massiccio del Monte Bianco.

 

1982 – 30 dicembre al 19 gennaio 1983 Renato Casarotto, omai è un grande maestro della stagione fredda e lo dimostra con una solitaria ai limiti delle possibilità. La parete è la Nord del Piccolo Mangart di Coritenza, nelle Alpi Giulie; la via è il temutissima diedro Cozzolino. Le pessime condizioni della roccia, quasi completamente incrostata di ghiaccio, lo obbligano a una progressione rischiosa ed esasperante: in un intero giorno non riesce a superare che 20 metri di parete!. Poi la sua costanza, ancora una volta, gli consente di risolvere l’intricatissimo rebus.

 

1983 - Renato Casarotto ritorna alle grandi montagne e in sette giorni scala il notevole sperone Nord del Broad Peak Nord (7538 m.), in Karakorum. Si riconcilia con l’alta quota.

 

1984 - Renato Casarotto si sposta in Alaska e lascia la zampata del campione sulla cima più alta, il Mount McKinley, percorrendo in prima ascensione l’interminabile cresta Sud Est, “The ridge of no return”: 5 chilometri di sviluppo, un labirinto di cornici infernali, agguerritissime cordate respinte prima e dopo il suo passaggio solitario.

 

1985marzo. Renato Casarotto è ancora sulle Alpi, e porta a compimento un caro progetto che gli è costato ben sei tentativi: la solitaria invernale della via di Giusto Gervasuti (Gervasuti-Gagliardone) del 16/17 agosto 1942 sull’austera parete Est delle Grandes Jorasses. Un atto di stima verso il grande alpinista friulano. La via originale è stata ripetuta solo 2 volte fino ad oggi. E’ senza dubbio la via più difficile aperta nella Catena del Monte Bianco prima del 1950. Diverse varianti sono state aperte a sinistra dell’itinerario originale, e 2 altre vie indipendenti nella parte destra della parete Est. - Gruppo delle Grandes Jorasses - Massiccio del Monte Bianco.

 

1986 – E’ l’anno delle tragedie. Sul K2 – montagna solitaria, mitizzata e temuta fino al 1980 – si consuma all’insegna dell’affollamento la più spaventosa odissea del decennio. - Il 1986 entrò nella storia del K2. - Nell’estate ben 11 spedizioni tentano il K2 con innumerevoli exploit, infatti, a fronte di 27 tentativi di salita vi sono stati 13 tragiche morti, di cui 5 nel periodo tra il 6 agosto ed il 10 agosto.

Sull’ambitissimo Sperone Sud-ovest (la “Magic line”) di Reinhold Messner) operano contemporaneamente Renato Casarotto, l’équipe di “Quota 8000” e un gruppo americano; il (21 giugno) una valanga travolge e uccide due giovani alpinisti dell’Oregon: Alan Pennington e John Smolich. Due giorni più tardi (23 giugno) l’équipe franco-polacca composta da Liliane Barrard e Maurice Barrard, Michel Parmentier e Wanda Rutkiewicz tocca la cima dalla Via Normale del K2, e fu la prima donna ad arrivare in vetta seguita dalla francese Liliane Barrad, ma in discesa vennero sorpresi dalla bufera e Liliane Barrad e Maurice Barrad non fecero più ritorno. Il (16 luglio) Renato Casarotto precipita in un crepaccio vicino al campo base, ma ai primi di agosto le varie cordate riprendono la strada della vetta. Altri sette alpinisti la raggiungono, ma il tempo cambia di nuovo e Julie Tullis, Alan Rouse, Alfred Imitzer, Hannes Wieser e Dobroslawa Wolf-Miodiowicz muoiono di sfinimento.

Alla lunga lista vanno aggiunti i due fortissimi polacchi Tadeusz Piotrowski e Wojchiech Wroz, caduti al ritorno da due eccezionali exploit: Tadeusz Piotrowski ha aperto con Jerzy Kukuczka una complessa e interminabile via nuova sulla Parete Sud, in stile alpino, raggiungendo esausto la cima; Wojchiech Wroz ha finalmente risolto con Przemyslaw Piasecki e Peter Bozikiem il rebus dello Sperone Sud-ovest, ma è precipitato dopo la vetta.

Gli alpinisti di “Quota 8000”, infine, salgono e scendono in velocità lo Sperone degli Abruzzi, ma meglio di tutti fece lo specialista francese Benoit Chamoux che raggiunge la cima quasi di corsa, in giornata. Proprio lui che aveva già realizzato la solitaria al Broad Peak in 16 ore nella stessa stagione. - Non per stendere una sterile lista di nomi ma sembra doveroso ricordare quelle persone che nel nome del K2 hanno perso la vita: John Smolich, Alan Pennington, Maurice Barrard, Liliane Barrard, Tadeusz Piotrowski, Renato Casarotto, Wojchiech Wroz, Mohammed Ali, Julie Tullis, Alan Rouse, Hannes Wieser, Alfred Imitzer, Dobrosława Miodowicz-Wolf. - Karakorum - Himalaya.

 

1986 - 23 giugno. I due alpinisti baschi, Mari Abrego e Josema Casimiro che condividevano il permesso con l'italiano Renato Casarotto per problemi burocratici, raggiungono per lo Sperone degli Abruzzi (via "normale") la vetta del K2. - Tredicesima ascensione - Divenendo i primi due spagnoli a salire la seconda vetta più alta del mondo. - Karakorum - Himalaya.

 

1986 - 16 luglio. Renato Casarotto il grande alpinista vicentino tenta di risolvere per la terza volta l’ambito problema himalaiano al K2: la “Magic Line”, lungo lo Sperone Sud-sud-ovest. Ma a soli 300 metri dalla vetta preferisce prudentemente rinunciare a causa di un cambiamento delle condizioni atmosferiche. In discesa, ormai al sicuro dalle maggiori difficoltà tecniche, per il cedimento di un ponte di neve cade in un crepaccio profondo 40 m, a soli 20 minuti dal campo base.

Riesce a dare l’allarme via radio e viene raggiunto dagli italiani del gruppo di “Quota 8000” che ne seguivano la discesa da lontano col binocolo e lo avevano visto scomparire nel crepaccio. È ancora vivo ma ferito gravemente. La notte trascorre febbrilmente, con l’equipe di soccorso che riesce a riportarlo in superficie. Renato Casarotto tenta qualche passo, ma quasi subito si accascia sul suo zaino, morendo poco dopo per le numerose emorragie interne, tra le braccia di Gianni Calcagno. È il 16 luglio 1986. Viene tumulato in un crepaccio, per restituirlo alla montagna. - Karakorum - Himalaya.

 

2003settembre. Dopo 17 anni il ghiaccio ha restituito in Himalaya le spoglie di Renato Casarotto, il grande alpinista vicentino che ha perso la vita il 16 luglio 1986 durante un tentativo di salita al K2 lungo lo Sperone Sud-sud-ovest precipitando in un crepaccio a poche centinaio di metri dal campo base.

La scoperta è stata fatta alla fine di settembre 2003 da un gruppo di Kazakhi che hanno provveduto alla sepoltura. Ora Renato Casarotto riposa sotto il tumulo Gilkey, un mausoleo di sassi eretto nel 1953 nei pressi del campo base in memoria dell’americano morto nella spedizione che precedette quella vittoriosa guidata da Ardito Desio.

La notizia è stata accolta con giustificato sollievo dai tanti amici ed estimatori di Renato Casarotto le cui imprese sono state raccontate dalla moglie Goretta Traverso Casarotto in un bellissimo libro, “Una vita tra le montagne”, pubblicato da (De Agostini) nel 1996.

Lo stesso Renato Casarotto ha lasciato una testimonianza del suo alpinismo nel volume “Oltre i venti del Nord” (Dall’Oglio) in quello stesso 1986 in cui perse la vita: un anno particolarmente tragico per l’alpinismo himalayano, come racconta Kurt Diemberger in un altro fondamentale volume “K2 il nodo infinito”, che vinse all’epoca il premio ITAS, uno dei più importanti riconoscimenti della letteratura di montagna. - Karakorum - Himalaya.