Friulano
di Palmanova, dove è nato il 18 aprile nel 1897, è professore di
Geologia all’Università di Milano fin dal 1931.
Si
è sempre dedicato attivamente agli studi geologici e geografici sulle alpi, in
Albania, in Grecia, in Egeo, in Medio Oriente e in India. E’ autore di oltre
trecento pubblicazioni scientifiche.
Nel
1929 ha partecipato alla spedizione Geografica Italiani in Karakorum
guidata dal Duca di Spoleto e, in quella occasione, ha effettuato
l’esplorazione dei bacini glaciali del Baltoro.
Di
quella regione Desio è considerato il più profondo conoscitore avendovi
trascorso, nel corso di cinque spedizioni, più di un intero anno in
esplorazioni e ricerche.
Nel
1933 ha diretto una spedizione in Iran.
Tra il 1926 ed il 1940 è stato ripetutamente
nel Sahara libico e tra il 1927 e il 1937 è stato più volte in
Etiopia.
Nel
1954 gli è stato affidato il comando della spedizione italiana al Karakorum
patrocinata dal Consiglio nazionale delle ricerche.
Ma
l’interesse del professor Desio per il Karakorum non si esauriva
nell’impresa alpinistica.
Dei
suoi studi sul Karakorum sono già stati pubblicati sette volumi e
attualmente sta lavorando all’ottavo.
“
Il K2” sostiene, “è un’esperienza che io continuo a vivere dal momento
che non faccio che lavorare sulla parte scientifica”.
Poi,
però, si abbandona ai ricordi, rivive i momenti più drammatici, quelli più
densi di emozioni.
“La
spedizione l’avevo progettata sin dal 1940. I francesi avevano
conquistato l’Annapurna, gli inglesi l’Everest. Perché gli
italiani non dovevano fare il K2?.
L’ho
fatto per il nostro Paese, per portare l’Italia al livello delle altre
nazioni…”, spiega.
Gli
studi geologici, topografici e paletnografici iniziati nel 1954 intanto
proseguono, l’anno successivo, nell’Hindukush e nel 1962 ancora
nel Karakorum.
Sempre nel 1962
Desio ha compiuto un viaggio in Antartide dove ha raggiunto una
stazione scientifica degli Stati Uniti.
Fino alla sua
morte avvenuta il 12 dicembre 2001 continuò un’attività ininterrotta di
ricerca compendiata in più di 400 pubblicazioni. E’stato membro dell’Accademia
Nazionale dei Lincei, e socio onorario di molte società scientifiche italiane e
straniere.
1929 – Verso il K2 si recò la spedizione scientifica esplorativa italiana guidata dal Principe Aimone di Savoia e Aosta, Duca di Spoleto a cui partecipò anche il professore Ardito Desio. - Karakorum - Himalaya.
1953 – 18 agosto - 17 ottobre. Ardito Desio con Riccardo Cassin compiono una ricognizione preliminare nella regione del K2 per osservare da vicino lo Sperone Abruzzi (Cresta Sud-est.) in preparazione alla futura spedizione italiana. - Karakorum - Himalaya.
1954 - 31 luglio. Prima ascensione al K2 con la salita in vetta di Achille Compagnoni e Lino Lacedelli (spedizione Ardito Desio), per la Cresta Sud-est. E’ doveroso elencare i diretti protagonisti dell’impresa: Erich Abram, Ugo Angelino, Walter Bonatti, Achille Compagnoni, Cirillo Floreanini, Pino Gallotti Lino Lacedelli, Guido Pagani (medico) Ubaldo Rey, Gino Soldà, Sergio Viotto, e in fine ma non ultimo Mario Puchoz morto per edema polmonare il 21 giugno al secondo campo (quota 6095). - L’assedio è durato 72 giorni: il 31 luglio 1954 Achille Compagnoni e Lino Lacedelli furono in vetta. - Karakorum - Himalaya.
1954 - 3 agosto. Leggendo e rileggendo la scarna versione qui riportata della Prima ascensione al K2 (La montagna degli italiani) Karakorum - Himalaya. Mi sembra doveroso riportare da fonti più ufficiali e giornali autorevoli, e non da meno da libri “Montagne di una vita” – “K2 storia di un caso” e “Il caso K2 – 40 anni dopo”. di Walter Bonatti e molti altri, compreso spunti da Internet, una breve sintesi della verità dei fatti.
Caso K2. – La prima salita alla
vetta del K2.
31 luglio 1954 la spedizione italiana guidata dal professore Ardito Desio raggiunge la vetta del K2.
La notizia giunge in Italia a mezzogiorno del 3 agosto ed accolta con grande
entusiasmo e simbolo della rinascita del paese nel dopoguerra. Ovviamente da
quel momento il K2
divenne per tutti la “Montagna degli Italiani”. I due alpinisti che
raggiunsero effettivamente la vetta furono Achille
Compagnoni e Lino
Lacedelli, con il determinante aiuto di Walter
Bonatti, anche se il merito va sicuramente all’intero gruppo. La
spedizione fu inizialmente segnata dalla morte della guida alpina di Courmayeur
Mario
Puchoz colpito da edema polmonare. Erich
Abram, Walter
Bonatti e Ubaldo
Rey, fecero il grosso del lavoro di messa in opera delle corde fisse sulla
cosiddetta Piramide Nera, la difficile zona rocciosa poco sotto i 7000
metri. Il 30 luglio, il giorno prima della salita finale con un carico di
bombole sulle spalle recuperate appena sopra il settimo campo, Walter
Bonatti forse meno provato degli altri avanza in testa alla fila,
seguito da Pino
Gallotti e Erich
Abram con i due hunza
Amir
Mahdi e Isakhan.
Arrivati al campo otto, Pino
Gallotti non si regge più in
piedi, Erich
Abram non si pronuncia, ma
dall’espressione del suo volto c’è poco da sperare. Lo hunza Isakhan
febbricitante, geme come un bambino. Invece Amir
Mahdi è ancora in ottime condizioni. Con uno strattagemma Walter
Bonatti convince Amir
Mahdi ad aiutarlo a portare i due trespoli dell’ossigeno al campo nove
dove erano attesi da Achille
Compagnoni e Lino
Lacedelli, designati per conquistare la cima, ma non riuscirono a
raggiungere la tenda del campo. Al sopraggiungere dell’oscurità Walter
Bonatti e Amir
Mahdi si trovarono così impossibilitati sia a salire sia a scendere.
Non ricevendo assistenza dalla ormai vicina tenda di Achille
Compagnoni e Lino
Lacedelli (non si trova dietro il masso come accordato ma a cinquanta
metri più in alto nascosta dietro la
grande fascia rossa). Ed ecco, incredibile, nel profondo silenzio, sulla
dorsale che finisce sotto la fascia rocciosa e poco più in quota si accende una
luce. Con voce ben distinta e cruda Lino
Lacedelli si giustifica, con queste precise parole: “Non vorrai che
stiamo fuori tutta la notte a gelare per te!”. – “Avete l’ossigeno? - bene
lasciatelo lì e scendete subito”. Walter
Bonatti e Amir
Mahdi dovettero quindi bivaccare all’aperto in condizioni climatiche
proibitive, su un gradino di ghiaccio in mezzo a un ripido canalone che il
vento notturno riempiva di neve, senza tenda e senza sacchi a pelo, e
sopravvissero solo grazie alla loro eccezionale forza fisica. Amir
Mahdi riportò gravi congelamenti che portarono all’amputazione di tutte
le dita dei piedi. Questo episodio è all’origine di tutta serie di polemiche,
calunnie, accuse, perfino di fronte a tribunali, che coinvolsero i protagonisti
della vicenda e si trascinarono per 54 anni, dando origine al cosiddetto Caso
K2.
Secondo la relazione pubblicata all’epoca da Ardito Desio, la mattina successiva al trasporto dei basti con le bombole
di ossigeno da parte di Walter
Bonatti e Amir
Mahdi, Achille
Compagnoni e Lino
Lacedelli, sarebbero scesi a prendere le bombole (che garantivano una
pressurizzazione pari a 6000 metri anche alla quota di 8100 metri), dove Walter
Bonatti e Amir
Mahdi le avevano lasciate ( a poca distanza dal campo nove) e con esse
avrebbero fatto la salita finale; l’ossigeno tuttavia, secondo il loro
racconto, si sarebbe esaurito due ore prima (a quota 8400) e quindi i due
alpinisti avrebbero raggiunto la vetta del K2 senza respirare ossigeno supplementare,
portando comunque con sé i bastini con le bombole ( dal peso complessivo di 19
chilogrammi per alpinista) per lasciarli in vetta come segno della loro
conquista. Al ritorno entrambi sarebbero stati in condizioni psicofisiche
difficili e Achille
Compagnoni, che in un primo tempo disse di avere ceduto in vetta i suoi
guanti a Lino
Lacedelli ma che poi sarebbero volati nel vento mentre scattava le foto
(la versione venne poi modificata), riportò gravi congelamenti alle mani, per i
quali fu necessario l’amputazione di due dita.
“Il caso K2 – 40 anni dopo”. di Walter Bonatti - Revisione della versione ufficiale.
La versione secondo cui l’ossigeno sarebbe terminato prima di
raggiungere la vetta è stata ufficialmente smentita dal CAI a seguito delle
risultanze della commissione dei tre saggi, che ha pubblicato la propria
relazione nel 2008. Secondo la versione rivista, l’ossigeno sarebbe stato
utilizzato fino alla cima. La prova è costituita da 2 foto scattate sulla cima
dai due alpinisti: in una si vede Achille
Compagnoni ancora con la maschera dell’ossigeno; nell’altra Lino
Lacedelli con tracce di brina intorno alla bocca, come se si fosse
tolto da poco la sua maschera di ossigeno. A sottolineare questo fatto si deve
il merito al dottor Robert
Marshall di Melboure, un medico chirurgo che dopo un’analisi
approfondita e puntigliosa fornendo una documentazione singolare, tanto più
inattesa in quanto era già da sempre a disposizione degli osservatori. Achille
Compagnoni e Lino
Lacedelli avrebbero respirato l’ossigeno delle bombole per circa 10
ore, vale a dire che era completamente cariche. I due avrebbero cominciato la
salita finale non prima delle 8,30 partendo dal luogo del forzato bivacco
notturno di Walter
Bonatti e Amir
Mahdi dove avrebbero recuperato le bombole lasciate in bella vista e
scoperte dalla neve da Walter
Bonatti. Risulta pertanto completamente valida la versione di Walter
Bonatti.
1979 – 12 luglio. Reinhold Messner Organizza una spedizione internazionale con un ambizioso obiettivo, quello di salire l’elegante Cresta Sud-Sudovest del K2, battezzata poi durante i preparativi “Magic Line”, che sale diritta alla vetta dalla Sella Negrotto. Fanno parte della spedizione l’austriaco Robert Schauer, i tedeschi occidentali Joachim Hoelzgen (reporter), Michael Dacher e Ursula Grether (medico) e gli italiani Renato Casarotto, Friedl Mutschlechner e Alessandro Gogna. Per un infortunio Ursula Grether deve abbandonare già durante la marcia d’avvicinamento; il portatore Alì figlio di Kazim, cade in un crepaccio vicino al campo base e muore. Dopo alcune ricognizioni (una perfino sulla nervatura centrale del versante Sud, futura via Kukuczka), la squadra accantona il progetto della “Magic Line” per affrontare invece la salita dello Sperone Abruzzi senza portatori e senza ossigeno (lasciato al campo base solo per eventuale uso medico). Vengono quindi stabiliti tre campi, sulle orme degli italiani di Ardito Desio e dei giapponesi: date le caratteristiche di leggerezza della spedizione, i campi corrispondono rispettivamente al campo due quotato 6095 m, campo cinque 6678 m. e campo sette 7345 metri della spedizione di Ardito Desio; questo assetto di campi sarà poi quello normale cui si atterranno tutte le successive spedizioni. I due portatori hunza portano carichi non oltre il campo uno. Reinhold Messner e Michael Dacher, dopo aver posto una tendina a 7950 metri (campo 4) giungono in vetta il 12 luglio (Quarta ascensione). - Karakorum - Himalaya.
1999
– Kurt
Diemberger. Diventato ormai quasi “custode dello Shaksgam”
parte un’altra volta (la settima) per il deserto d’alta quota dietro il K2
e il Broad
Peak, con una spedizione americana. Arriva con un piccolo gruppo
superando un labirinto (una vera foresta di guglie di ghiaccio) fino al
ghiacciaio Kyagar, praticamente alla fine del mondo, settant’anni dopo
il Prof. Ardito Desio.
Al Prof. Ardito Desio, Kurt Diemberger porta una pietra in ricordo a lui che ormai più che centenario, ne è contentissimo. Lascia anche un piccolo deposito per una spedizione futura. Ha capito che c’è ancora molto ignoto. - Karakorum - Himalaya.
2003 – settembre. Dopo 17 anni il ghiaccio ha restituito in Himalaya le spoglie di Renato Casarotto, il grande alpinista vicentino che ha perso la vita il 16 luglio 1986 durante un tentativo di salita al K2 lungo lo Sperone Sud-sud-ovest precipitando in un crepaccio a poche centinaio di metri dal campo base.
La scoperta è stata fatta alla fine di settembre 2003 da un gruppo di Kazakhi che hanno provveduto alla sepoltura. Ora Renato Casarotto riposa sotto il tumulo Gilkey, un mausoleo di sassi eretto nel 1953 nei pressi del campo base in memoria dell’americano morto nella spedizione che precedette quella vittoriosa guidata da Ardito Desio.
La notizia è stata accolta con giustificato sollievo dai tanti amici ed estimatori di Renato Casarotto le cui imprese sono state raccontate dalla moglie Goretta Traverso Casarotto in un bellissimo libro, “Una vita tra le montagne”, pubblicato da (De Agostini) nel 1996.
Lo stesso Renato Casarotto ha lasciato una testimonianza del suo alpinismo nel volume “Oltre i venti del Nord” (Dall’Oglio) in quello stesso 1986 in cui perse la vita: un anno particolarmente tragico per l’alpinismo himalayano, come racconta Kurt Diemberger in un altro fondamentale volume “K2 il nodo infinito”, che vinse all’epoca il premio ITAS, uno dei più importanti riconoscimenti della letteratura di montagna. - Karakorum - Himalaya.
2004 – maggio. La commissione storiografica incaricata dal C.A.I. di chiarire definitivamente la “vicenda Bonatti”, definisce la relazione ufficiale del capospedizione Ardito Desio gravemente lacunosa e in alcune parti inaccettabile. Walter Bonatti vede così riconosciuta anche in questa sede la sua ricostruzione di quanto accaduto sul K2 il 30 e 31 luglio 1954. - Karakorum - Himalaya.
2009 - 13 maggio. Achille
Compagnoni è morto in
mattinata all’ospedale di Aosta, dove era stato ricoverato da un mese
per problemi legati all’età. Era nato 94 anni fa a Santa Caterina Valfurva
e viveva a Cervinia. Dal 1934,
per 18 anni, svolse servizio al 5° reggimento alpini dove conquistò la fama di
grande alpinista. Convocato da Ardito
Desio per far parte della
spedizione italiana sul K2, fu il primo a conquistarlo il 31
luglio 1954 con Lino
Lacedelli. In
quell'occasione riportò il congelamento di alcune dita delle mani, che gli
causarono un lungo ricovero al rientro dalla spedizione.