(Vipiteno 1922)
Erich Abram Sudtirolese iniziò ad arrampicare
giovanissimo; durante gli studi a Innsbruck fece vie molto difficili nel
Kaisergebirge. Arruolato nelle truppe alpine nella seconda guerra
mondiale fu nel Caucaso, poi in Grecia e in Cecoslovacchia.
Dopo la prigionia in Russia tornò a Bolzano nel 1948.
Ricominciò a arrampicare in Dolomiti con un gruppo scelto dell’AVS; si
distinse ripetendo fra l’altro le grandi vie in Marmolada. Aprì
itinerari di notevole impegno come, nel Gruppo di Sella, lo spigolo Sudest
del Piz Ciavazes (1953, con F. Gombocz) e la parete Nordovest
del Sass Pordoi (1953, con Roberto Osio e E. Pertl).
Guida alpina dal 1954, nello stesso anno fu l’unico alpinista
altoatesino invitato nella spedizione italiana al K2. Con Walter Bonatti e lo hunza Mahdi portò le bombole di ossigeno all’ultimo
campo, per consentire l’attacco finale di Achille Compagnoni e Lino
Lacedelli. Negli anni successivi continuò ad arrampicare; preso il brevetto
di volo, partecipò come pilota di Piper e di elicottero a molte spedizioni di
soccorso alpino.
1953 - Erich Abram aprì con F. Gombocz un itinerario di notevole impegno allo spigolo Sudest del Piz Ciavazes nel Gruppo di Sella.
1953
- Erich Abram, Roberto Osio
con E. Pertl
salgono la parete Nordovest del Sass Pordoi.
1954 - 31 luglio. Prima
ascensione al K2 con la salita in vetta di Achille
Compagnoni e Lino
Lacedelli (spedizione Ardito
Desio), per la Cresta Sud-est.
E’ doveroso elencare i diretti
protagonisti dell’impresa: Erich Abram, Ugo
Angelino, Walter
Bonatti, Achille
Compagnoni, Cirillo
Floreanini, Pino
Gallotti Lino
Lacedelli, Guido
Pagani (medico) Ubaldo
Rey, Gino
Soldà, Sergio
Viotto, e in fine ma non ultimo Mario
Puchoz morto per edema polmonare il 21 giugno al secondo campo
(quota 6095). - L’assedio è durato 72 giorni: il 31 luglio 1954
Achille
Compagnoni e Lino
Lacedelli furono in vetta. - Karakorum - Himalaya.
1954 - 3 agosto. Leggendo e rileggendo la scarna versione
qui riportata della Prima ascensione
al K2 (La montagna degli italiani) Karakorum
- Himalaya.
Mi sembra doveroso riportare da fonti
più ufficiali e giornali autorevoli, e non da meno da libri “Montagne di
una vita” – “K2 storia di un caso” e “Il caso K2 – 40 anni dopo”. di
Walter
Bonatti e molti altri,
compreso spunti da Internet, una breve sintesi della verità dei fatti.
Caso
K2. – La prima salita alla vetta del K2.
31 luglio 1954 la spedizione italiana
guidata dal professore Ardito
Desio raggiunge la vetta del K2.
La notizia giunge in Italia a mezzogiorno del 3 agosto ed accolta con grande
entusiasmo e simbolo della rinascita del paese nel dopoguerra. Ovviamente da
quel momento il K2
divenne per tutti la “Montagna degli Italiani”. I due alpinisti che
raggiunsero effettivamente la vetta furono Achille
Compagnoni e Lino
Lacedelli, con il determinante aiuto di Walter
Bonatti, anche se il merito va sicuramente all’intero gruppo. La
spedizione fu inizialmente segnata dalla morte della guida alpina di Courmayeur
Mario
Puchoz colpito da edema polmonare. Erich
Abram, Walter
Bonatti e Ubaldo
Rey, fecero il grosso del lavoro di messa in opera delle corde fisse
sulla cosiddetta Piramide Nera, la difficile zona rocciosa poco sotto i
7000 metri. Il 30 luglio, il giorno prima della salita finale con un carico di
bombole sulle spalle recuperate appena sopra il settimo campo, Walter
Bonatti forse meno provato degli altri avanza in testa alla fila,
seguito da Pino
Gallotti e Erich Abram con i due hunza Amir
Mahdi e Isakhan.
Arrivati al campo otto, Pino
Gallotti non si regge più in
piedi, Erich Abram non si pronuncia, ma dall’espressione del
suo volto c’è poco da sperare. Lo hunza Isakhan
febbricitante, geme come un bambino. Invece Amir
Mahdi è ancora in ottime condizioni. Con uno strattagemma Walter
Bonatti convince Amir
Mahdi ad aiutarlo a portare i due trespoli dell’ossigeno al campo nove
dove erano attesi da Achille
Compagnoni e Lino
Lacedelli, designati per conquistare la cima, ma non riuscirono a
raggiungere la tenda del campo. Al sopraggiungere dell’oscurità Walter
Bonatti e Amir
Mahdi si trovarono così impossibilitati sia a salire sia a scendere.
Non ricevendo assistenza dalla ormai vicina tenda di Achille
Compagnoni e Lino
Lacedelli (non si trova dietro il masso come accordato ma a cinquanta
metri più in alto nascosta dietro la
grande fascia rossa). Ed ecco, incredibile, nel profondo silenzio, sulla
dorsale che finisce sotto la fascia rocciosa e poco più in quota si accende una
luce. Con voce ben distinta e cruda Lino
Lacedelli si giustifica, con queste precise parole: “Non vorrai che
stiamo fuori tutta la notte a gelare per te!”. – “Avete l’ossigeno? - bene
lasciatelo lì e scendete subito”. Walter
Bonatti e Amir
Mahdi dovettero quindi bivaccare all’aperto in condizioni climatiche
proibitive, su un gradino di ghiaccio in mezzo a un ripido canalone che il
vento notturno riempiva di neve, senza tenda e senza sacchi a pelo, e sopravvissero
solo grazie alla loro eccezionale forza fisica. Amir
Mahdi riportò gravi congelamenti che portarono all’amputazione di tutte
le dita dei piedi. Questo episodio è all’origine di tutta serie di polemiche,
calunnie, accuse, perfino di fronte a tribunali, che coinvolsero i protagonisti
della vicenda e si trascinarono per 54 anni, dando origine al cosiddetto Caso
K2.
Secondo la relazione pubblicata
all’epoca da Ardito
Desio, la mattina successiva al trasporto dei basti con le bombole di
ossigeno da parte di Walter
Bonatti e Amir
Mahdi, Achille
Compagnoni e Lino
Lacedelli, sarebbero scesi a prendere le bombole (che garantivano una
pressurizzazione pari a 6000 metri anche alla quota di 8100 metri), dove Walter
Bonatti e Amir
Mahdi le avevano lasciate ( a poca distanza dal campo nove) e con esse
avrebbero fatto la salita finale; l’ossigeno tuttavia, secondo il loro
racconto, si sarebbe esaurito due ore prima (a quota 8400) e quindi i due
alpinisti avrebbero raggiunto la vetta del K2 senza respirare ossigeno supplementare,
portando comunque con sé i bastini con le bombole ( dal peso complessivo di 19
chilogrammi per alpinista) per lasciarli in vetta come segno della loro
conquista. Al ritorno entrambi sarebbero stati in condizioni psicofisiche
difficili e Achille
Compagnoni, che in un primo tempo disse di avere ceduto in vetta i suoi
guanti a Lino
Lacedelli ma che poi sarebbero volati nel vento mentre scattava le foto
(la versione venne poi modificata), riportò gravi congelamenti alle mani, per i
quali fu necessario l’amputazione di due dita.
“Il caso K2 – 40 anni dopo”. di Walter Bonatti - Revisione
della versione ufficiale.
La versione secondo cui l’ossigeno
sarebbe terminato prima di raggiungere la vetta è stata ufficialmente smentita
dal CAI a seguito delle risultanze della commissione dei tre saggi, che ha
pubblicato la propria relazione nel 2008. Secondo la versione rivista,
l’ossigeno sarebbe stato utilizzato fino alla cima. La prova è costituita da 2
foto scattate sulla cima dai due alpinisti: in una si vede Achille
Compagnoni ancora con la maschera dell’ossigeno; nell’altra Lino
Lacedelli con tracce di brina intorno alla bocca, come se si fosse
tolto da poco la sua maschera di ossigeno. A sottolineare questo fatto si deve
il merito al dottor Robert
Marshall di Melboure, un medico chirurgo che dopo un’analisi
approfondita e puntigliosa fornendo una documentazione singolare, tanto più
inattesa in quanto era già da sempre a disposizione degli osservatori. Achille
Compagnoni e Lino
Lacedelli avrebbero respirato l’ossigeno delle bombole per circa 10
ore, vale a dire che era completamente cariche. I due avrebbero cominciato la
salita finale non prima delle 8,30 partendo dal luogo del forzato bivacco
notturno di Walter
Bonatti e Amir
Mahdi dove avrebbero recuperato le bombole lasciate in bella vista e
scoperte dalla neve da Walter
Bonatti. Risulta pertanto completamente valida la versione di Walter
Bonatti.
1955 – 26/27 settembre. La parete Est del Grand
Capucin per l’attacco diretto, tentata due volte da Bonatti-Barzaghi
e Bonatti-Ghigo, viene ripetuta da Eric Abram e Toni
Egger durante la 16° salita. - Satelliti
del Mont Blanc du Tacul - Gruppo
Mont Blanc du Tacul - Massiccio
del Monte Bianco.
1961 – In estate Erich Abram e Sepp Schrott
riescono a portare a termine la prima salita del grande diedro a destra della
via Comici-Dimai alla Nord della Cima Grande di Lavaredo, già
salita per circa metà, cinque anni prima, da Morandi e Leone che
poi, a causa di un incidente, avevano dovuto ripiegare sulla via Stosser.
In questo periodo (?) va ricordata l’attività di
alcuni sudtirolesi, come Erich Abram e Otto Eisenstecken, i quali tracciano
alcuni itinerari di difficoltà piuttosto sostenuta , dove l’intervento
artificiale è ancora secondario.