Jerzy Kukuczka (1948 Polonia). Dal 1979 al 1987 è autore di un’impressionante serie di difficili ascensioni che gli consentono di raggiungere tutti i quattordici “8000” della Terra, secondo uomo al mondo (dopo Messner). Quattro di queste cime le ha scalate in “prima” invernale.
Jurek, così lo chiamavano gli amici, uno dei massimi interpreti dell’alpinismo himalaiano, moderno, è scomparso nel 1989.
E’ caduto presso la vetta del Lhotse, a 8350 metri: stava per vincere la terribile parete Sud che Tomo Cesen ha “domato” l’anno successivo in solitaria.
Secondo uomo a scalare tutti gli “8000” dopo aver lasciato il segno (d’estate e d’inverno) sulle Alpi e in Dolomiti.
Jerzy Kukuczka, da alcuni giornalisti in cerca di frasi da sensazione è stato chiamato “il rivale di Messner”.
Nato nel 1948, Kukuczka sposato e padre di due figlie ha seguito una strada alpinistica molto impegnativa, nel difficile ambiente sociale ed economico nel quale un alpinista di un paese dell’Est doveva muoversi.
Lì il concetto di sponsor non esiste, e le spedizioni sono autofinanziate.
Prima minatore e poi elettrotecnico, nel 1973 risolve in invernale la Via dell’Ideale in Marmolada.
Nel 1974 è sulla vetta del McKinley, 6194 metri, mentre nel 1977 partecipa ad una spedizione al Nanga Parbat, conclusasi con un insuccesso.
Ma la costanza di Kukuczka ha finalmente ragione: nell’Ottobre del 1979, assieme a tre compagni arriva in cima al Lothse.
E’ questo il primo passo della lunga serie di 8000, saliti per nuovi itinerari, o con delle prime invernali, che lo porterà alla ribalta della scena alpinistica mondiale nel 1986, quando, arrivando a collezionare dodici 8000, vi era la possibilità di superare Messner.
Ciò non è avvenuto, ma questo non toglie alcun merito allo scalatore polacco.
Nel 1987, con la salita del “facile” Shisha Pangma, si è conclusa la sua corsa ai quattordici 8000.
Jerzy Kukuczka era nato nel 1948 a Katovice in Polonia, dove risiedeva con la moglie e due bambine.
E’ sugli alti Tatra che, appena ventenne, si è messo in evidenza come scalatore.
Dotato di fortissimo temperamento si preparava con grande costanza e con altrettanta determinazione.
Quando non arrampicava, lavorava presso l’Istituto minerario della sua città come tecnico elettricista.
Purtroppo viveva in un Paese che versava in difficili condizioni economiche e con il quale gli scambi di informazioni erano estremamente limitati.
La preparazione e l’attività di Jerzy Kukuczka si sono pertanto sviluppate nel più assoluto silenzio.
Il suo impegno era finalizzato ad ottenere dalle autorità del suo Paese la conferma ufficiale della sua idoneità e quel minimo di sussistenza che gli avrebbe consentito di raggiungere l’Himalaya, la terra che aveva sempre sognato.
Il suo debutto sulle Alpi avviene all’inizio degli anni ’70, in Dolomiti, dove apre alcune belle vie nuove e sale in prima invernale la Via dell’Ideale in Marmolada.
Qualche anno dopo, il suo incontro col Monte Bianco e un’altra bella via nuova, questa volta sul Petit Dru.
E’ in quel periodo che Jerzy Kukuczka si avvicina per la prima volta alle grandi montagne extraeuropee: in Alaska, in Indukush e, finalmente, in Himalaya.
Inizia nel 1979 la serie delle salite agli “ottomila”, prima fra tutte la via normale al Lhotse.
Nel 1980, al seguito della spedizione nazionale polacca, traccia una nuova via sul difficile pilastro Sud dell’Everest.
1986 – Nell’estate ben 11 spedizioni tentano il K2.
8 luglio. Jerzy Kukuczka e Tadeusz Piotrowski (spedizione Herrligkoffer), aprono una complessa e interminabile via nuova sulla Parete Sud, in stile alpino, Tadeusz Piotrowski raggiunge esausto la cima poi muore.
Dal 1979 al 1987 è autore di un’impressionante serie di difficili ascensioni che gli consentono di raggiungere tutti i quattordici 8000 della Terra, secondo uomo al mondo (dopo Messner). Quattro di queste cime le ha scalate in “prima” invernale.
Quasi tutte le sue imprese sono state fatte su vie nuove, su percorsi individuati su di una carta topografica con l’aiuto di qualche sherpa di fiducia, e del suo grande intuito.
La sua organizzazione era talmente limitata che spesso completava l’equipaggiamento suo e dei suoi compagni recandosi al mercatino dell’usato di Katmandu, in Nepal.
Antidivo per eccellenza, schivo, solido, senza stranezze né filosofie particolari Jerzy per anni ha lavorato sodo finanziando la sua passione col doppio lavoro, senza conoscere sponsorizzazioni o introiti pubblicitari.
Ha certamente ragione Bonatti quando scrivendo di lui e delle sue imprese, parlava di un alpinismo “pulito e leale”: “Proprio perché, nel suo esempio, c’è tutto il rispetto e la coerenza delle regole del gioco, che nell’alpinismo è fondamentale…”.
Jurek, così lo chiamavano gli amici, uno dei massimi interpreti dell’alpinismo Himalayano moderno, è scomparso nel 1989.
E’ caduto presso la vetta del Lhotse, a 8350 metri: stava per vincere la terribile parete Sud che Tomo Cesen ha “domato” l’anno successivo (1990) in solitaria.