Fu
un tipico esponente della generazione alpinistica formatasi nell’immediato
dopoguerra.
Nato
a Lecco nel 1930, scomparso sulle sue montagne nel 1983, non
poteva che iniziare il cimento sulle domestiche pareti della Grigna.
Entrato
giovanissimo nel famoso gruppo dei Ragni ha subito dimostrato le sue
non comuni doti di scalatore.
Oltre
la Grigna anche la Val Masino e la Val Bregaglia hanno
registrato un considerevole numero di suoi successi, non solo con la ripetizione
di importanti tracciati ma anche con l’apertura di nuove impegnative vie su
granito.
Rocciatore
completo ed estroverso, ha compiuto frequenti puntate nel Bianco, dove
ha avuto modo di cimentarsi su impegnativi percorsi con Walter Bonatti e
con Andrea Oggioni.
In
Dolomiti ha avuto la possibilità di dimostrare e di affinare le sue
tecniche di sestogradista.
1949 – 10/11 luglio. Giungono alla base della parete Nord-est del Badile Via Cassin, due giovani Ragni di Lecco, Luigi Castagna e Carlo Mauri “Bigio”. Luigi ha 25 anni, Bigio 19, ma sono entrambi mossi dall’entusiasmo di ripercorrere le orme del grande maestro Riccardo Cassin. Ne nasce la prima ripetizione italiana in sole 19 ore.
1950 – 17 luglio. Riccardo Cassin e Carlo Mauri salgono l’Aiguille Noire de Peutérey per la Parete Ovest - via Ratti/Vitali, compiendo la 4° ripetizione. - Contrafforti Italiani - Massiccio del Monte Bianco.
1953 – 22/23/24 febbraio. Carlo Mauri e Walter Bonatti che è stato per anni il suo compagno di cordata, ripetono in prima invernale la via Cassin-Ratti alla parete Nord della Cima Ovest di Lavaredo. La forte cordata incontra le difficoltà maggiori nella parte alta, che il freddo intenso ha trasformato in un imbuto ghiacciato.
1953 – 27 febbraio. Carlo Mauri e Walter Bonatti, non paghi, ripetono la seconda invernale della via Comici-Dimai alla Cima Grande di Lavaredo.
1953 - Claudio Corti colleziona un’impressionante serie di salite, sempre da capocordata. In Bregaglia, con Carlo Mauri “Bigio” e Giulio Fiorelli apre una nuova via sui Pizzi Gemelli.
1953 - Claudio Corti con Carlo Mauri a fargli da secondo apre una nuova via sulla parete Est-Sudest del Cengalo.
1953 – 15/16/17/18 agosto. Walter Bonatti, e Carlo Mauri, compiono un primo tentativo sul Pilastro Sudovest del Petit Dru, ma dopo tre giorni di maltempo all’altezza del ramarro decidono di tornare indietro. - Settore dell’Aiguille Verte - Alpi Francesi - Alpi Graie - Massiccio del Monte Bianco.
1955 - Claudio Corti arrampica con Carlo Mauri e Carlo Rusconi sulla via Ruchin ai Torrioni Magnaghi, e Carlo Rusconi è capocordata, seguito da Carlo Mauri. Claudio Corti è in basso, fermo, in attesa che i compagni vadano in sosta. Carlo Rusconi manca un appiglio e precipita.
1955 - 25/26/27 luglio. Walter Bonatti, Carlo Mauri, Andrea Oggioni e Iosve Aiazzi nel Gruppo del Monte Bianco e precisamente sul Petit Dru effettuano un secondo tentativo allo Spigolo Sud Sudovest ma vengono ostacolati ancora dalla tormenta. - Settore dell’Aiguille Verte - Alpi Francesi - Alpi Graie - Massiccio del Monte Bianco.
Mauri ha avuto anche una considerevole attività extraeuropea:
1955 - Una spedizione italiana diretta da padre Alberto M. De Agostini e composta da Carlo Mauri, Clemente Maffei, Luigi Barmasse e Camillo Pellissier conquista il difficilissimo Monte Sarmiento (2404 m.), più volte tentato anche da altre spedizioni.
1956 – Cesare Giudici, Giorgio Redaelli, Carlo Mauri e Dino Piazza compiono la 1° ripetizione della Bonatti al Dru.
1957 - Sfortunato tentativo al Cerro Torre con Walter Bonatti.
Due spedizioni, una guidata da Walter Bonatti e Carlo Mauri e l’altra da Cesare Maestri e dall’italiano (stabilitosi in Argentina) Cesarino Fava, operano su due opposti versanti del Cerro Torre.
Furono soprattutto Walter Bonatti e Carlo Mauri ad innalzarsi parecchio sul versante occidentale, caratterizzato da straordinarie costruzioni di ghiaccio che aderiscono per il gelo alle placche granitiche sottostanti. Essi raggiunsero un colle, detto poi “della speranza”, ma dovettero ritirarsi di fronte alla parete terminale, essendo privi di materiale adatto e non avendo a disposizione le corde necessarie per un assalto condotto a balzi successivi, l’unico modo che poteva dare qualche garanzia di successo. Comunque i due alpinisti conquistano sei vette in Patagonia.
1958 - In Himalaya nella conquista del Gasherbrum IV, ancora con Walter Bonatti.
1959 - 26 febbraio. Andrea
Oggioni con Carlo Mauri e Roberto
Gallieni salgono la parete Sud
del Dente
del Gigante per la via Burgasser / Leisz - realizzando la 2ª ascensione invernale. Scalata esposta
e difficile. Molto atletica. Gran parte della salita è in artificiale due
passaggi di 6° grado. Attualmente tutti i chiodi occorrenti sono già infissi. -
Gruppo
Géant-Rochefort - Massiccio
del Monte Bianco.
1959 - 13 settembre.
Carlo Mauri, realizza la 1ª Solitaria salendo per la parete della
Brenva
al Monte
Bianco per la via della Poire
(Pera).
- Bianco
- Versante della Brenva - Gruppo
del Monte Bianco - Massiccio
del Monte Bianco.
1964 - Purtroppo un grave incidente sciistico lo costringe a una lunga e forzata inattività che solo la sua grande forza di volontà gli consente di superare e di ritemprarsi.
1966 - Spedizione italiana guidata da Carlo Mauri opera nella Terra del Fuoco e conquista il Monte Buckland (1600 m.): a fianco di Mauri troviamo Giuseppe Pirovano, Guido Machetto; Casimiro Ferrari, Cesare Giudici, Luigi Alippi. Ma, non bisogna lasciarsi ingannare dalle basse quote di queste montagne. A parte le condizioni meteorologiche ed ambientali che rendono la salita dura tanto quanto un’impresa himalayana, non si dimentichi che i dislivelli sono notevoli, in quanto le pareti si alzano da quote bassissime, quasi al livello del mare, come accade anche per le montagne dell’Antartide.
1968 – 29/30 giugno e 1° luglio. Aldo Anghileri, Pino Negri, Guerrino Cariboni, Casimiro Ferrari e Carlo Mauri, componenti del famoso gruppo dei Ragni di Lecco tracciano e vincono sulla direttissima della parete Sudest del Grand Capucin una nuova via, dedicandola alla loro città: via Lecco.
In tentativi precedenti (1962
- 1966) Christian Dalphin
e compagni misero tutti i chiodi ad espansione e giunsero a 100 m. dalla cima.
- Satelliti
del Mont Blanc du Tacul - Gruppo
Mont Blanc du Tacul - Massiccio
del Monte Bianco.
1970 - Carlo Mauri anch’egli stregato dal Cerro Torre vi ritorna a capo di una spedizione lecchese che il maltempo costringe al ritiro.
1970 - Da segnalare il
tentativo della spedizione italiana dei “Ragni di Lecco” guidata da Carlo
Mauri sul versante occidentale del Cerro Torre. Fu ripreso il
tentativo di Bonatti e Mauri arrestatosi al Colle della
Speranza, ma anche questa volta gli alpinisti non riuscirono a raggiungere
la vetta. Fra i partecipanti figura anche Pierlorenzo Acquistapace (Canèla).
Carlo Mauri seguendo le orme dell’amico Walter Bonatti, si propone come fotografo e promotore di viaggi a scopo esplorativo e scientifico.
Gira il mondo sempre più spesso: si reca in Antartide, attraversa l’Atlantico con una barca di papiro, dirige il viaggio documentaristico “Sulle orme di Marco Polo” da Venezia alla Cina, a cavallo, in compagnia del figlioletto Luca.
Con queste imprese ha potuto sviluppare una notevole attività pubblicista, con numerosi e interessanti servizi fotografici.
Il suo credo lo ha espresso in un libro di grande fascino, provocatorio fin dal titolo. “Quando il rischio è vita”. E che inizia con il racconto della sua più grande avventura: una notte, Mauri si sveglia nel buio e si sente perso. Dov’è?. In una tenda d’alta quota sull’ Himalaya dove il respiro si fa affannoso per la mancanza di ossigeno?. No, quella in cui si trova è la cameretta dell’ospedale della sua Lecco dove l’hanno ricoverato perché il suo grande cuore si è “rotto”. Insomma, un infarto.
La montagna certo gli è stata maestra di vita, insegnandogli ad affrontare con serena consapevolezza i rischi che fanno parte della vita e che spesso purtroppo conducono i comuni mortali nelle corsie di un ospedale.
Non lo hanno fermato anni decisamente sventurati: quei quattro in particolare in cui è stato ricoverato per un incidente in montagna, dorante i quali ha subito quattro operazioni alla gamba destra, gli hanno tolto la milza e ha dovuto sopportare due inutili interventi per toglierli un calcolo che si era formato nel rene.
“Sulla montagna”, a lasciato scritto, “io avevo capito che ciò che si muoveva non erano gli arti, ma la passione di vivere. E per questo ripresi a scalare”.
Una specie di testamento spirituale, una testimonianza di uno che ha rifiutato ostinatamente di entrare nella lunga schiera degli uomini vinti dalla sventura: di diventare, per usare le sue parole, “un invalido professionista, assistito dalla compassione e dall’assistenza sociale…”.
Nel suo modo di essere, la ribellione al destino è stata dunque costante. E un’altra cosa si era messo in testa il “Bigio”: che morire fosse un’impresa difficoltosa, che insomma bisognava mettercela tutta, assecondando la nera signora.
“Ricordo la sensazione dolcissima che provai, intrappolato in una tenda nella Terra del Fuoco. Un intera settimana lì dentro mentre fuori imperversava la bufera. La temperatura corporea era ormai scesa, mi addormentavo torpido, era come morire. Ma subito mi risvegliavo e scoprivo che non è facile far morire il proprio corpo, bisogna mettercela tutta”.
Spesso, ha scritto Vittorio Alfieri, è dei forti più che morire, il vivere. E proprio per questo il rischio a cui si esponeva gli faceva meno paura dell’ottusità dei burocrati, o delle incomprensioni dei suoi concittadini.