Parete Valsesiana del Monte Rosa
La parete valsesiana del Monte Rosa
è in un insieme di pareti più o meno omogenee, generalmente esposte a Sud-est e dall'aspetto abbastanza
articolato. Possiede un'immagine di grande imponenza soprattutto se ammirata
dalla testata della valle, nei pressi del Rifugio
Pastore 1575 m.
Se si prende come punto più basso la fine
del crestone che scende dalla Punta Parrot, a 2786 metri, il suo sviluppo in
altezza misura 1.773 metri. Quello in larghezza supera i 4 chilometri e mezzo e
comprende un vasto semicerchio di cime di cui le più importanti sono:
Punta
Giordani - 4.046 m.
Piramide
Vincent - 4.215 m.
Pilastro
Vincent
- 4.050 m.
Corno
Nero - 4.322 m.
Corno
di Ludovico - 4.342 m.
Punta
Parrot - 4.436 m.
Punta
Gnifetti - 4.559 m, la cima più alta del versante valsesiano e la quarta in
ordine d'altezza tra quelle del Gruppo del Monte Rosa.
La prima via sulla parete avvenne ad
opera di Reginald
S. Macdonald, Florence Crauford
Grove and Montagu Woodmass, insieme alle guide Melchior Anderegg
e Peter Perren, l'11 luglio 1862, lungo la Cresta Est della Punta
Parrot, itinerario detto la via degli inglesi.
Nel 1867
viene scalata la inviolata Punta Tre Amici di 3727 metri, da Giuseppe Farinetti, Antonio
Grober e Giovanni Prato. Durante la
discesa Giuseppe Farinetti cade in
un crepaccio, ma viene tratto in salvo dai suoi compagni. In seguito
all'episodio il nome scelto per la punta fu: Punta Tre Amici.
Nel 1876
il senatore Costantino Perazzi prende
parte alla prima ascensione della Parete Est
della Punta
Parrot. Il senatore è coinvolto in una caduta quasi mortale e viene salvato
da Giovanni
Gugliermina, che per questo gesto riceverà la medaglia d'oro al valor
civile da Quintino Sella,
l'allora ministro delle finanze del Regno d'Italia.
Il 18 luglio 1906 Giuseppe
Gugliermina, Ettore Canzio e Giuseppe Lampugnani
aprono una nuova via sul Crestone Sud-est
della Punta
Parrot, itinerario che viene chiamato la via degli italiani. Sempre
nel 1906, il 31 agosto, Guglielmo Guglielminetti,
Alessandro Orio, Fabio De Zinis e Giuseppe
Chiara aprono la prima via sulla Parete
Sud-est della Punta
Gnifetti.
Il 24 agosto 1926 Giuseppe Chiara con Luisa
Resegotti e Maria Antonietta
Resegotti salgono per la prima volta la Parete Est della Punta
Giordani. L'itinerario è complesso e attraversa più volte il canalone
centrale della parete, sottoposto spesso alle scariche di pietre.
Il 14 luglio 1940 il tenente Renato Willien e i soldati Damiano
Arnod e Pierino Brunodet aprono una
seconda via sulla Parete Est della Punta
Giordani, detta via degli Alpini. L'itinerario è più diretto
rispetto alla Via Chiara-Resegotti ma
è molto pericoloso per la continua caduta di pietre. Della via si conosce una
sola ripetizione nel 1982, 42 anni
dopo l'apertura, ad opera di Nadir Crestani e Alfio
Rinaldo.
Sempre nel 1940 vengono aperte altre due nuove vie sulla Parete Sud della Punta
Parrot, facente anch'essa parte della Parete
valsesiana del Monte Rosa. La prima viene salita il 14 agosto da Giulio della Giulia, Francesco Barchietto, Carlo
Giossani e Giovanni Antonioli. La
seconda, denominata via degli Alpini è aperta il 5 settembre dal tenente
Arnaldo Adami e dai caporali Ferdinando Gaspard e Abele
Passion.
Il dopoguerra si apre con una salita
all'inviolata Parete Sud-est del Corno
di Ludovico opera di Ovidio Reiteri e Adolfo Vecchietti (24
luglio 1949). Anche in questo caso
si tratta di una lunga ascensione di misto molto soggetta alle scariche di
pietre. La seconda salita è anche la prima invernale e avviene solo il 14
febbraio 1982 per merito di Osvaldo Antonietti, Cesare
Cametti e Carlo Reiteri.
È di qualche anno più tardi la prima
seria tragedia. Il 4 settembre 1955
due alpinisti del Club Alpino di Borgosesia, Mario Barbonaglia
e Marco Turcotti, partiti alla
volta del Colle
Vincent per raggiungere il Balmenhorn
dove si sta inaugurando la posa della statua del Cristo delle Vette, vengono trovati dalle squadre di soccorso privi
di vita appesi alle corde nel vuoto del precipizio. Il cattivo tempo e la neve
fino quasi al Rifugio Barba Ferrero trasforma la discesa dei
soccorritori in un calvario.
Cinque anni più tardi un'altra tragedia
questa volta lungo la Cresta
Signal. Due alpinisti austriaci Hans Giaiertaes e Heirold
Mayer nonostante il cattivo tempo decidono di tentare la scalata della
difficile cresta. Hans Giaiertaes scivola ma il
suo compagno di cordata riesce a trattenerlo. Tuttavia nella caduta picchia
violentemente il costato contro la parete di roccia procurandosi la
perforazione della pleura e un collasso del polmone. La lunga agonia di Hans
Giaiertaes durerà dodici interminabili ore durante le quali troverà la
forza di dettare il suo testamento all'amico. Morirà la mattina dopo. L'amico
dopo aver composto la salma, salirà la Cresta
Signal da solo e giungendo alla Capanna Margherita dirà "amico
kaputt!" disegnando il posto dove l'aveva lasciato. Senza una plausibile
spiegazione si aggregherà subito dopo ad una cordata di connazionali e salirà
con loro la Punta
Dufour.
Cinque anni dopo il grande Giorgio
Bertone è vittima di una caduta dal Canale Sesia. Scivola per
oltre 500 metri, si ferisce, ma senza gravissime conseguenze. Viene soccorso e
portato in salvo al Rifugio Barba Ferrero su una barella improvvisata.
Una tragedia si consuma invece il 29
aprile 1968 quando per estrarre il
corpo di un alpinista morto precipitando in un crepaccio nei pressi della Piramide
Vincent, la grande guida Felice Giordano perde la vita
scivolando proprio nel crepaccio teatro delle operazioni.
Il 1969
è invece anno di grandi imprese. La cordata composta da Peroni ed il compagno Rava
apre tra il 21 e il 22 ottobre una tra le vie più difficili del Gruppo del Monte Rosa
superando per la prima volta la grandiosa Parete
Sud-est del Corno
Nero. (Via Peroni-Nava). Si
tratta di un'ascensione di grande respiro e di notevole interesse tecnico. Due
mesi prima il 20 agosto 1969 Emilio De Tomasi ed Ermanno
Orso avevano aperto un'altra via sulla stessa parete, anch'essa molto
difficile (TD) con passaggi di VI° ma molto più esposta alle scariche di
pietre.
Gli anni settanta passano senza grandi
novità. Bisogna aspettare l'inizio del decennio successivo per qualcosa di
nuovo. Si arriva così al 4 ottobre 1980
quando Cesare Cametti con Francesco
Enzio aprono la spettacolare ma pericolosissima via "direttamente
per il seracco" al Colle
Vincent (TD+) ripetuta in prima invernale da Silvio
Mondinelli, Fabio Loss e Paolo Della
Valentina il 29 dicembre 1988.
Si tratta di un itinerario impressionante e ardito che vince direttamente
l'enorme seracco a difesa del colle. Presenta passaggi che variano tra i 70° e
gli 85° di pendenza con alcuni muri verticali. L'itinerario è però
costantemente sotto il tiro dei blocchi di ghiaccio che si staccano con grande
facilità dal soprastante colle.
L'anno dopo (1989) è invece teatro di una tragedia che sconvolge molto da vicino
la comunità di Alagna.
La mattina del 3 gennaio tre alpinisti varesini, Ghione, Buremi e Gernetti, decidono di
tentare la salita invernale della "Via
degli Italiani" alla Punta
Parrot nonostante le condizioni meteorologiche instabili. Al 5 gennaio di
loro non si ha ancora traccia. Le squadre di soccorso iniziano le ricerche con
gli elicotteri, ma il cattivo tempo non permette ricognizioni accurate; vengono
registrate raffiche di vento di circa 100 km orari e temperature che già a 3600
m. segnano meno trenta gradi. Finalmente, il 9 gennaio, i loro corpi vengono
avvistati. Sono a 4000 metri sul ghiacciaio del Grenz, in Svizzera, slegati. Uno seduto, gli altri
distesi con le giacche a vento aperte e tutt'intorno disseminati nella neve
ramponi, zaini, piccozze. Dall'elicottero la scena appare raccapricciante. È il
segnale che la "morte bianca" li ha investiti rendendoli pazzi e
preda di allucinazioni.
Il 1982
riporta invece alle grandi imprese. È infatti il momento delle Guide di
Alagna Osvaldo Antonietti e Francesco
Enzio. Sul Pilastro
Vincent aprono una tra le vie più belle su roccia dell'intero Gruppo del Rosa la "Enzio-Antonietti": itinerario
elegante, vario, su roccia solida e al riparo da pericoli oggettivi (TD con
difficoltà di V e di VI-).
Sempre sul Pilastro
Vincent, il 22 agosto 1985, Silvio Mondinelli
e Fabio
Loss partendo dalla Via
Enzio-Antonietti elaborano una notevole variante chiamandola "Per Biglia". Anche qui le
difficoltà si aggirano tra il V+ e il VI- (TD).
Infine sempre ad opera di Silvio
Mondinelli è l'apertura di uno degli itinerari più difficili del
gruppo, la via "Africa Nostra"
con Paolo Della Valentina
e Fabio
Loss (9 settembre 1987). Si
tratta di un itinerario superbo, diretto e molto difficile (TD+) sulla parte di
parete della Punta
Gnifetti più compatta e ripida. Le difficoltà sono per lo più concentrate
nella zona superiore che cade in maniera pressoché verticale alternando quasi
sempre passaggi di V e di VI. Anche per questa, come per la maggior parte delle
vie di questo versante, esiste soprattutto all'attacco il pericolo di caduta sassi.
L'ultimo exploit in ordine cronologico è
la nuova via aperta da Hervé Barmasse assieme al
padre Marco Barmasse il 29 e il 30
settembre 2011 sulla Parete Sud-est della Punta
Gnifetti e denominata "Viaggio
nel tempo". La via si snoda per circa 800m a sinistra della via “Africa Nostra”, su terreno misto, molto
delicato a causa della grande friabilità della roccia, con passaggi fino al VI
grado oltre i 4000m. La cordata ha raggiunto la base della parete trapezoidale
calandosi dal Colle Sesia, inaugurando così un itnerario di approccio
con meno dislivello rispetto alla tradizionale partenza da Alagna
(via Capanna Resegotti) ma con maggiori difficoltà tecniche. Nel
complesso la via è valutata ED ed è attualmente l'itinerario più difficile
aperto su questo versante del Monte
Rosa.
Attualmente questo versante, complice
anche il riscaldamento del clima, è di fatto ancor meno percorso e meno
conosciuto che in passato. A confronto con le affollatissime vie sul Monte
Bianco o sulle Dolomiti, di sicuro molto
più remunerative per sicurezza e livello tecnico, gli itinerari della Parete
valsesiana del Monte Rosa sembrano un mondo pressoché sconosciuto, regno di
silenzi e solitudini.
Nei fatti sono vie e ambienti che
rappresentano l'esatto contrario di ciò che oggi gli alpinisti moderni cercano
nella Alpi: tecnica, facilità di arrivo,
sicurezza. Ma proprio per questo sono le uniche ancora teatro per grandi
imprese, dove l'attacco è lontano, dove la via è lunga, dove il pericolo è
imminente, dove conta insomma conoscere più la montagna che la tecnica fine a
sé stessa.