Un grande talento della “nouvelle vague” slovena si chiama Slavko Svetičič.
E’ un solitario, balzato agli onori della cronaca nel gennaio 1990 con la straordinaria ripetizione in 27 ore della diretta Harlin sulla parete Nord dell’Eiger.
Per la prima salita del 1966 era occorso circa un mese, in stile himalayano!
Slavko Svetičič ha da poco la trentina e ha al suo attivo due vie sul tormentato versante Sud dell’Aconcagua – la Cresta Sud-ovest e un nuovo itinerario in parete, a destra della via dei Francesi – e un tentativo all’Everest.
Inoltre ci sono le invernali di prammatica sulle Alpi Giulie e alcune ripetizioni di rilievo sulle Alpi Occidentali, compresa la trilogia Eiger-Cervino-Grandes Jorasses.
Operaio, disgaggiatore, gestore di rifugio, operatore sulle piste di sci, Slavko si arrangia come molti suoi colleghi, mettendo da parte tempo e denaro per la montagna.
Nel marzo del 1990 parte per la Nuova Zelanda, dove apre e ripete numerosi itinerari sugli scivoli ghiacciati del Monte Cook e del Monte Tasman.
Nell’estate del 1991 ritorna sulla parete Nord delle Grandes Jorasses, che conosce molto bene (due ripetizioni solitarie della via Mc Intyre, via Rolling Stones, via Bonatti-Vaucher) e apre la severissima Manitua a sinistra dello Sperone Croz (6c, A3, amaca).
Giustifica così l’assenza di un compagno: “Da solo so di dover essere all’altezza di ogni elemento della parete. Se sono con un compagno, invece, conto troppo sull’amico sapendo che potrà venire in mio aiuto. Può essere un problema”. (Alp. N°. 70).
Nell’autunno del 1991 affronta in piena solitudine la parete Ovest dell’Annapurna, su un itinerario parzialmente inedito. Abbandona la via Messner a quota 6200 metri circa, dopo un primo bivacco, prosegue per altri quattro giorni fino a raggiungere il versante settentrionale a breve distanza dalla vetta. Il vento fortissimo lo costringe al ritorno, dopo 2600 metri di delicata arrampicata mista.
Nel 1993 l’Annapurna gli è quasi fatale: in compagnia di Franček Knez è impegnato sulla parete Sud, là dove è morto Pierre Béghin, quando una valanga li trascina entrambi nell’abisso. Si salvano per miracolo, ma con gravi conseguenze.
1967 – 11/12/13 agosto. F. Helmut e F. S. Serrano probabilmente salgono la parete Nordest del Grand Pilier d’Angle con variante terminale della via Bonatti-Gobbi, dalla fine della traversata in parete Nord. Ripetuta dalla cordata R. Fowler e P. Thomas nel 1977 (23 luglio) e da Slavko Svetičič nel 1990 (11 ottobre). - Gruppo del Monte Bianco - Massiccio del Monte Bianco.
1977 – 23 luglio. R. Fowler e P. Thomas realizzano la 2° ascensione con varianti della parete Nordest del Grand Pilier d’Angle (via dei Belgi). La cordata inglese ha inaugurato una bella via diretta in combinazione con altre, poi ripetuta da Slavko Svetičič: (1990 11 ottobre). Attacco per la via Slovena, collegamento ai diedri con la via dei Belgi e dal termine di questa uscita a destra per una nuova variante. Dislivello quasi 800 m., più 600 m. fino al Monte Bianco. Difficoltà ED-. - Gruppo del Monte Bianco - Massiccio del Monte Bianco.
1990 – 11 ottobre. Lo sloveno Slavko Svetičič compii la 1° solitaria della parete Nordest del Grand Pilier d’Angle (via dei Belgi), in combinazione con altre con variante e attacco per la via Slovena. - Gruppo del Monte Bianco - Massiccio del Monte Bianco.
1991 – 8/10 luglio. Slavko Svetičič ritorna sulla parete Nord delle Grandes Jorasses, che conosce molto bene (due ripetizioni solitarie della via Mc Intyre, via Rolling Stones, via Bonatti-Vaucher) e apre la severissima Manitua a sinistra dello Sperone Croz (6c, A3, amaca).
Giustifica così l’assenza di un compagno: “Da solo so di dover essere all’altezza di ogni elemento della parete. Se sono con un compagno, invece, conto troppo sull’amico sapendo che potrà venire in mio aiuto. Può essere un problema”.