Era molto temuto il Monviso quando 140 anni fa venne scalato da Quintino Sella quale preludio alla fondazione del Club Alpino. Le testimonianze lo riportano con certezza: quella vetta pareva esistere al di fuori del duro mondo che i pastori e i montanari della Valle Po affrontavano quotidianamente. Quella cima era lassù, ben al di sopra delle loro teste, e non entrava in gioco se non nei racconti di leggende, storie o avventure dove la fantasia e l’immaginazione potevano spaziare oltre i limiti dell’umano. “Al vourrè pa anà a Visou?”. (Non vorrà andare sul Viso?) era l’interrogativo che riecheggiava a fronte di qualsiasi impresa ritenuta improponibile.
Giovanni Eandi intorno al 1833, già scriveva come comunemente si ritenesse che “nel giro di pochi mesi male ne potesse avvenire a chiunque fosse così imprudente e temerario di giungere sull’elevato suo culmine”.
Lo stesso Mathews (il primo ad arrivare lassù) ebbe occasione di verificare di persona la diffidenza e la superstizione locale quando, il 29 agosto 1861, in una locanda di Casteldelfino, comunicò la sua volontà di tentare la scalata del Monviso.
L’abitante della Valle Po che ci andò per primo fu Michele Re che, secondo Tommaso Simondi, fu anche “il primo dei nostri alpigiani che lasciò sulla vetta del Monviso la sua incredulità!”.
Michele Re era un trovatello. Fu abbandonato in fasce da parenti ignoti all’Ospizio di Saluzzo nel 1819 e poi dato in adozione a una famiglia di Calcinere di Paesana. Sull’onda del successo alpinistico che il Monviso otteneva nella seconda metà dell’Ottocento, decise di fare la guida sfruttando la sua esperienza di cacciatore di camosci.
Scrive Giovanni Signoretti (in una relazione raccolta da Vittorio Grimaldi nel volumetto “Una settimana al Monviso”), raccontando il tentativo di avvicinamento nel 1862 di una comitiva che percorse in lungo e in largo l’intera alta Valle Po, che quella fu la prima volta che vennero ingaggiate guide locali e che in quell’occasione venne particolarmente apprezzata “l’audacia e la prudenza di Michele Re”.
L’anno seguente la scalata del gruppo guidato da Quintino Sella, l’avv. Tommaso Simondi di Barge salì insieme con Michele Re sulla vetta (1° settembre 1864) e poco dopo pubblicò “Dall’Alpe Alpetto al Vesulo” illustrando l’itinerario più breve per arrivare alla cima.
Eppure, cinque anni dopo la conquista di Mathews, era ancora viva la convinzione popolare che il raggiungimento della vetta fosse solo una sorta di intesa tra alpinisti che, riconoscendone l’impossibile scalata, chiamavano vetta un punto oltre il quale era impossibile salire. Tanto che, proprio per vincere l’incredulità popolare, fu ancora il Tommaso Simondi a organizzare nel 1866 un gruppo di alpinisti che affissero in cima al Monviso, ben visibile dai diffidenti abitanti della Valle Po, una lunga asta con una banderuola lucente.
Il 12 agosto 1863, due anni prima della conquista del Cervino, Quintino Sella di Biella, Ministro
delle Finanze del Regno d’Italia, con Paolo
e Giacinto di Saint-Robert e Giovanni Barracco calabrese residente a
Torino, compì la prima ascensione italiana al Monviso.
Nacque l’idea di un’associazione
fra alpinisti italiani.
1875 - I primi salitori della Cima Nord 3761 m. della Punta Isabella dal Col de Triolet per il versante Nord furono Miss Mary Isabella Straton con Jean-Estéril Charlet e Pierre Charlet. Seguirono il dorso nevoso della Cresta Nord-est senza avvicinarsi troppo al suo bordo sinistro (dove sporgono cornici sopra un’alta bastionata rocciosa). Giunsero in vetta superando una breve crestina rocciosa abbastanza ripida. La punta prende il nome dalla prima salitrice (che divenne poi moglie della guida Jean-Estéril Charlet), alla quale si deve la prima salita femminile del Dom dei Michabel, del Monviso e dell’Aiguille du Moine, e la prima invernale del Monte Bianco. - Gruppo Triolet-Dolent - Settore dell'Aiguille Verte - Alpi Francesi - Massiccio del Monte Bianco.