* Inseriamo il racconto di Gabriele Boccalatte tratto dal suo libro “Piccole e Grandi ore Alpine”.

 

1937 - 6 settembre. - Verso le 8, siamo alla base della parete, ma l’affare si presenta subito molto serio; roccia liscia, compatta. Ettore Castiglioni sale per 15 metri e poi si ferma; bisognerebbe chiodare abbondantemente, scende a corda doppia. Io propendo per un tentativo più a destra, in centro alla parete, ma i compagni dicono che anche lì sarebbe tempo perso. Questa è una di quelle salite sportive, che col tempo verranno risolte a furia di chiodi, ma che interessano poco dal lato alpinistico. Scendiamo alla cengia d’attacco (40 metri più basso dall'inizio della vera parete). Io propongo d'andare a tentare l'altra parete interessante della zona, la parete Sud-Ovest della Cima Ceda Bassa Occidentale. Attraversiamo la «vedretta» (a proposito, ieri, uno di Trento, quando Vitale Bramani mi ha indicato a lui, al Rifugio Agostini, disse: quello lì è quello che va sul ghiaccio? E sulla roccia sa andare?), passiamo una forcella, quindi per un canale franoso con ghiaccio sul fondo, scendiamo dall’altra parte, e per ghiaioni andiamo fino all'attacco della parete. Nebbia fitta. Sono le 11,30. Si attacca a destra vicino al cono di neve, sotto un camino tra la parete e una torre, a destra.

Si sale un caminetto per 12 metri, quindi una paretina e si prosegue direttamente per rocce facili, per lo più in canalini. Dopo circa 150 metri, si volge a sinistra e si comincia a traversare in parete. I primi 30 metri comportano una breve discesa alla corda (chiodo lasciato), poi altri 30 metri su cengia (brevi traversatine esposte) e poi ancora per rocce facili fino alla base di un camino situato 30 metri a sinistra di quello che scende da una forcella, fra un torrione e la vetta. Si sale facilmente il camino chiuso in alto. Si supera direttamente la parete subito a sinistra (chiodo, 5° grado) fino a una breve cengia. Si prosegue direttamente per 25 metri (4° grado) ad un’altra cengia. Si va a sinistra, fino ad imboccare il camino terminale (visibile dal basso), che sale a sinistra della vetta, fra questa e un aguzzo gendarme. Si supera una strozzatura e, per il fondo ghiaioso, si prosegue fin sotto un tratto verticale e viscido di aspetto arcigno. Ettore Castiglioni preferisce uscire in parete a sinistra, per una cengetta, ma va ad incrodarsi e deve impiegare circa un’ora per superare i pochi metri per arrivare nuovamente nel camino al disopra del breve tratto verticale. Io ne approfitto per schiacciare un pisolino. Quando i compagni sono giunti in alto, io salgo direttamente per il camino, in spaccata, senza toccare il fondo. È un breve tratto, ma molto interessante, che supero in pochi minuti, dimostrando ai compagni il loro sbaglio nell’uscire in parete. Si segue sempre il divertente camino fino alla forcella, e in pochi minuti, per rocce rotte, si giunge in vetta. Scendiamo sull’altro versante della Cima Ceda Occidentale fino all’altezza di un colletto situato a Nord-Ovest di questa cima e, scavalcatolo, scendiamo sul lato Ovest, seguendo da prima un largo canale e poi prendendo (a sinistra in discesa) una fascia di rocce facili e divertenti che scende obliquamente, portandoci alla base della parete, a poche diecine di metri dall’attacco. Poi andiamo al rifugio. Vi è ancora Bruno Detassis e Matteo Armani, che scende ora a valle. Mangiamo e beviamo abbondantemente le provviste avanzate dai custodi e, poiché non serviranno più a nessuno, giacché il rifugio rimarrà chiuso, ne approfittiamo senza risparmio.