La vetta più celebre della Patagonia è certamente il Cerro Torre.
Posto più a Sud del Fitz Roy, sul bordo destro dello Hielo Continental, il Cerro Torre si presenta come una guglia affilatissima, una superba costruzione granitica caratterizzata da un enorme “fungo” di ghiaccio e di neve che ne costituisce la vetta.
Il Cerro Torre è una montagna incredibile, sembra quasi uscita da una fiaba e da un racconto per bambini, dove si narra di castelli di cristallo dalle torri arditissime che salgono a toccare il cielo.
Ma per la sua particolare posizione il Cerro Torre è una montagna terribile, costantemente battuta dai venti del Pacifico e dalle bufere di neve.
Da molti alpinisti fu definito impossibile da ogni versante. Fiancheggiato da due satelliti che gli sono pari in bellezza e difficoltà (il Cerro Adele e la Torre Egger), il Gruppo del Torre forse rappresenta ciò che di più arduo e difficile esiste alpinisticamente
sul globo intero.
E certamente anche è la rappresentazione estetica più affascinante ed irreale.
I primi tentativi furono condotti dagli italiani.
Nel 1957 due spedizioni, una guidata da Walter Bonatti e Carlo Mauri e l’altra da Cesare Maestri e dall’italiano (stabilitosi in Argentina) Cesarino Fava, operano su due opposti versanti della montagna.
Furono soprattutto Walter Bonatti e Carlo Mauri ad innalzarsi parecchio sul versante occidentale, caratterizzato da straordinarie costruzioni di ghiaccio che aderiscono per il gelo alle placche granitiche sottostanti. Essi raggiunsero un colle, detto poi “della speranza”, ma dovettero ritirarsi di fronte alla parete terminale, essendo privi di materiale adatto e non avendo a disposizione le corde necessarie per un assalto condotto a balzi successivi, l’unico modo che poteva dare qualche garanzia di successo.
Nel 1959 Cesare Maestri, per il quale il Cerro Torre rappresenterà una vera e propria ossessione, ritorna alla base della montagna con il fortissimo alpinista austriaco Toni Egger.
Essi ritornano all’attacco sul versante Est e si innalzano con l’aiuto di Cesarino Fava in un grande diedro posto a sinistra del Colle della Conquista che separa il Torre dalla Torre Egger.
Secondo il racconto di Cesare Maestri, la vetta fu raggiunta il 30 gennaio da lui e Toni Egger, dopo soli due giorni di salita dal Colle della Conquista.
Le difficoltà superate furono enormi e più volte si dovettero usare i chiodi ad espansione per assicurarsi.
Sempre secondo il resoconto di Cesare Maestri durante la discesa, tutta compiuta a corda doppia su chiodi ad espansione, Toni Egger fu travolto da una valanga e precipitò alla base della parete, senza essere poi rinvenuti dai compagni (i resti del suo corpo recentemente sono stati ritrovati da una spedizione alpinistica). Lo stesso Cesare Maestri fu trovato poi in stato di semi-incoscienza da Cesarino Fava all’attacco della parete.
Non vi sono purtroppo prove che possano documentare la reale effettuazione di quest’impresa e molti dubbi sono stati sollevati dagli alpinisti al proposito. Ci si chiede se i due effettivamente giunsero in vetta.
Osservando attentamente la parete che si alza dal Colle della Conquista, pare impossibile che essa sia stata vinta in soli due giorni d’arrampicata.
Non esistono fotografie che possano documentare la salita ed anche il racconto di Maestri si è rivelato più volte confuso e lacunoso nella narrazione della fase finale della salita.
E’ tutta una faccenda piuttosto amara ed anche un po’ triste. Maestri si è sempre sentito profondamente toccato dalle insinuazioni mossegli contro.
D’altronde nessuno impedisce agli altri di dubitare. Spiace piuttosto che Maestri abbia ceduto alle provocazioni e sia ritornato al Torre armato di perforatore meccanico per dimostrare la scalabilità e per dichiarare a tutti di essere il più forte. E’ un peccato. In tal modo si è posto sullo stesso piano degli accusatori più maligni e non ha certo dimostrato di aver compiuto la prima salita della montagna, in quanto la seconda salita si è svolta lungo un’altra via e con ben altri mezzi tecnici!. Per ora nessuna spedizione ha ripreso la via di Maestri ed Egger: solo quando ciò sarà compiuto, ogni dubbio in proposito probabilmente potrà essere fugato definitivamente.
Comunque negli anni successivi il Torre fu tentato più volte lungo differenti versanti, ma senza successo.
Importante fu il tentativo inglese del 1968 (Mick Burke, Dougal Haston, Peter Crew e Martin Boysen): il fortissimo gruppo di alpinisti cercò di aprire una nuova via lungo la cresta Sud del Torre, ma dopo seicento metri di durissima arrampicata essi dovettero desistere per il maltempo.
Da segnalare anche il tentativo della spedizione italiana dei “Ragni di Lecco” guidata da Carlo Mauri nel 1970. Fu ripreso il tentativo di Bonatti e Mauri arrestatosi al Colle della Speranza, ma anche questa volta gli alpinisti non riuscirono a raggiungere la vetta.
Ancora nel luglio 1970 (inverno patagonico) è di scena Cesare Maestri con una spedizione trentina diretta alla vergine Torre Egger. Sul posto vengono mutati i programmi e Maestri attacca nuovamente il Cerro Torre lungo lo spigolo Sudest, già tentato dagli inglesi, alzandosi di poco oltre il limite raggiunto da essi.
Cinque mesi più tardi Cesare Maestri ritorna ancora al Torre con una spedizione trentina, armato di un compressore meccanico alimentato da un motore a scoppio del peso di 60 chili!. Maestri, praticando in tal modo innumerevoli fori nella liscia roccia granitica, riesce a raggiungere la vetta del Cerro Torre e a percorrere la via dello spigolo Sudest con Ezio Alimonta e Carlo Claus.
Come è facile immaginare, la salita suscitò una comune eco di disapprovazione e critiche a non finire sui metodi impegnati.
Nessuno voleva negare il valore di Maestri e dei suoi compagni e neanche gli sforzi bestiali e la fatica necessaria per innalzare il compressore lungo la parete. Ma era sul metodo stesso che le critiche venivano mosse. Comunque, come sempre, la questione di per sé è del tutto inutile: la scalata di Maestri resta soltanto la scalata di Maestri.
Chi vorrà percorrere la stessa via con altri mezzi, ha strada aperta e potrà anche distruggere i chiodi ad espansione se questi si rivelassero inutili o superflui, come più volte sono apparsi agli alpinisti di una spedizione anglo-svizzera che ne ha tentato la ripetizione.
In stile differente e con mezzi del tutto tradizionali è stata invece la prima salita del versante Ovest del Torre realizzata nel gennaio 1974 ancora dai “Ragni di Lecco” guidati da Casimiro Ferrari.
Il gruppo lecchese ha ripreso ancora il tentativo di Bonatti e Mauri e dal Colle della Speranza si è alzato direttamente lungo la verticale e strapiombante parete Ovest, tutta incrostata di ghiaccio poroso, superando difficoltà di ordine veramente estremo.
La spedizione dei Ragni ha dunque dimostrato che il Torre può essere salito in stile elegante, senza ricorrere a chiodi ad espansione.
In questo senso l’impresa dei lecchesi è stata veramente magnifica ed è stata lodata da tutti gli ambienti alpinistici internazionali, che unanimemente ne hanno riconosciuto il grandissimo valore.
La via è stata ripetuta nel 1976 per la prima volta da John Bragg, Jay Wilson e Dave Carman.
Molto importante anche la prima salita della Torre Egger, realizzata nel 1975 dagli americani John Bragg, Jay Wilson e Jim Donini. Certamente dal punto di vista tecnico quest’impresa va ricordata come una delle più difficili (se non la più difficile) di quelle realizzate in Patagonia, almeno nel Gruppo del Torre e del Fitz Roy.
Le incrostazioni di ghiaccio hanno reso questa salita particolarmente ardua e severa e, va ricordato che i primi salitori non hanno fatto uso di chiodi ad espansione.
Impresa di valore analogo, anche se leggermente inferiore, è stata nel 1976 la conquista del Cerro Stanhardt (John Whittle e Brian Hall), l’ultima vetta importante del gruppo a non essere ancora stata scalata.
Ora gli alpinisti rivolgono le loro attenzioni alla fantastica parete Est del Cerro Torre, alta più di 2000 metri che viene vinta dagli Jugoslavi nel gennaio del 1986.
L’attività extraeuropea di Cesare Maestri va quasi esclusivamente riferita ad una montagna: il Cerro Torre. Con questa cima delle Ande patagoniche, da alcuni definita la montagna più difficile del mondo, Maestri ha aperto un conto fin dal lontano 1959.
In quell’anno Maestri e Toni Egger alpinista di origine tirolese particolarmente dotato nell’arrampicata libera ma che sapeva esprimersi ad alto livello anche sul ghiaccio, decidono di partire alla conquista della cima.Dopo una impegnativa salita la cordata raggiunge la vetta sferzata dai venti antartici. Purtroppo durante la discesa Toni Egger viene travolto da una valanga e scompare nell’abisso e, con lui, si perde la documentazione fotografica dell’impresa.
Qualcuno incomincia a sollevare dei dubbi sulla veracità della conquista: Cesare Maestri, duramente provato dalla scomparsa dell’amico, è amareggiato ma non si arrende.
Nel 1970, a capo di una spedizione trentina, ritorna al Cerro Torre e raggiunge nuovamente la vetta.
Ancora oggi, se gli si parla di questa montagna, il suo sguardo si illumina pur mostrando chiaramente un velo di malinconia.
A quella lontana impresa si è ispirato il regista tedesco Werner Herzog nel film “Il grido di pietra” che rivela un’attenta, anche se non dichiarata, lettura del libro “Duemila metri della nostra vita” scritto a quattro mani da Maestri e da sua moglie Fernanda.
“Il Cerro Torre. La montagna maledetta la chiamano gli argentini, l’urlo pietrificato: una cosa stupenda. Ti affascina e ti atterrisce. Duemila metri di parete di ghiaccio, duemila metri di morte, una trappola pronta a scattare in ogni istante”. Così si legge nella prefazione del libro.
Cesare Maestri è tornato dall’esperienza patagonica con una forza interiore straordinaria, consapevole di avere offerto una prova di forza incontrovertibile, ma anche di avere messo a repentaglio la sua vita in questa sfida estrema.
1974 – gennaio. Casimiro Ferrari, Daniele Chiappa, Mario Corti e Pino Negri realizzano la grande salita al Cerro Torre per la parete Ovest.
1987 – dicembre. Hans Kammerlander compie la più veloce
ascensione al Cerro Torre in Patagonia: 17 ore, senza bivacco, con il tedesco
Mueller.
Rosanna Manfrini è la prima donna al mondo ad aver raggiunto la cima della vetta patagonica del Cerro Torre immortalata da Werner Herzog nel discusso film “Il grido di pietra”.
2005 – febbraio. Marianne Pretorius ha salito la via "Compressor" sul Cerro Torre
Il Cerro Torre è una delle più spettacolari cime del Campo de Hielo Sur, è situato in una regione contesa fra Argentina e Cile, a ovest del Cerro Chaltén (o Fitz Roy). La vetta del Cerro Torre è considerata fra le più inaccessibili del mondo perché, qualunque via si scelga, bisogna affrontare almeno 800 metri di parete granitica, per arrivare ad una cima perennemente ricoperta da un "fungo" di ghiaccio. Inoltre le condizione climatiche e meteorologiche della regione sono particolarmente sfavorevoli.
La vicenda dà vita a numerose polemiche, altri tentativi falliscono, e Maestri torna a sfidare il Cerro Torre nel 1970 questa volta la cordata composta oltre che da a Ezio Alimonta, Daniele Angeli, Claudio Baldessarri, Carlo Claus e Pietro Vidi, affronta la parete Sud-Est portando con sé un martello compressore. Scendendo Maestri, in un gesto di sfida, spacca i chiodi piantati e lascia appeso il compressore all'ultimo, cento metri sotto la cima. La Via del Compressore (o Via Maestri) sarà ripercorsa nel 1979 dall'americano Jim Bridwell che scopre che i chiodi lasciati dai suoi predecessori s'interrompono a 30 metri dalla cima. Ancora una volta l'ascensione di Maestri viene messa in dubbio.
Nel 2005 Ermanno Salvaterra, uno dei maggiori conoscitori del Torre e il primo a scalarlo d'inverno (nel luglio 1985), fino ad allora sostenitore di Maestri decide di ripercorrere la via del '59 e riesce a raggiungere la cima. Non trova tracce di un precedente passaggio e scopre che la via segue un tragitto diverso da quello che per anni aveva descritto Maestri.
La prima ascensione indiscussa del Cerro Torre è quella compiuta ad opera di un gruppo di alpinisti lecchesi (Daniele Chiappa, Mario Conti, Casimiro Ferrari e Pino Negri) nel 1974.