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Maurizio Giordani

 

 

Maurizio Giordani - (Rovereto) – (Guida)

 

 

Trentino, accademico del Cai poi passato al professionismo (è guida alpina), è il protagonista di una nuova fase evolutiva dell’alpinismo indirizzata verso strade che non sono ancora state percorse e che gli ha comunque consentito di raggiungere dei limiti che, almeno attualmente possono ancora essere definiti “assoluti”.

Maurizio Giordani non si sente attratto dai record di velocità, oggi di moda, o dalle salite spettacolari debitamente sponsorizzate da vendere al grande pubblico.

La base delle sue scelte alpinistiche è rappresentata dalla semplice ambizione di superare sé stesso e gli altri, costantemente pungolato dal desiderio di vivere nuove emozioni.

Per Maurizio l’incognita è assoluta, nel senso che nessuno l’ha mai cercata prima, allora la motivazione raggiunge i massimi livelli.

Vive una vita assolutamente normale, ha un suo lavoro che gli consente una certa indipendenza, ma che, soprattutto, gli permette di disporre a piacimento del “suo” tempo e delle “sue” scelte.

“Non ho grosse pretese”, afferma, “e mi accontento di ciò so fare naturalmente, in tranquillità, senza forzare…”. Basta scorrere l’elenco delle sue imprese per valutare la validità di questa filosofia.

Dal 1982 a oggi è un continuo susseguirsi di prime salite, invernali e non, che hanno come banco di prova la Marmolada, il Croz dell’Altissimo, il Gruppo di Brenta.

Sono quasi tutte vie estreme, alcune tracciate in solitaria, molte altre affrontate assieme alla moglie, fuoriclasse dell’arrampicata sportiva e una delle poche donne ammesse a far parte del Club alpino accademico.

Gli ultimi successi di Maurizio Giordani qualificano ancor di più il suo nutrito curriculum.

Nell’Agosto del 1990, con Stefano Rigetti e Rossana Manfrini, apre una via sulla parete Sud della Rock Tower (6150 metri) nel Gahrwal in India.

E’ la “Fiamma di Gelo” su un immenso pilone di granito compatto e strapiombante, di difficoltà superiori al sesto grado, vinto dopo due giorni di arrampicata ed un impegnativo bivacco a 6000 metri.

Solo qualche giorno prima Maurizio Giordani (3 Agosto 1990) aveva stupito il mondo alpinistico risolvendo uno degli ultimi grandi problemi dolomitici: la prima solitaria sulla Via Attraverso il Pesce sulla Sud della Marmolada.

E’ un capolavoro di tecnica e di audacia, con difficoltà che vanno dal sesto all’ottavo grado, tratti superati quasi tutti in libera in dieci ore di arrampicata.

La storia di questa via risale all’estate del 1981, quando i cecoslovacchi Igor Koller e Jndrich Sustr attaccano la zona più inaccessibile della parete Sud della Marmolada e in tre giorni di sforzi riescono a concludere la salita superando, a metà parete, una grande placca di trecento metri. Un vero salto nel futuro ottenuto con mezzi ridottissimi: un mazzo di chiodi da levare e ripiantare, alcuni friend e stopper, due piccoli ganci metallici. E comunque senza l’uso dei chiodi a pressione, i famosi spit che su un calcare compatissimo e avaro di appigli avrebbero fatto piuttosto comodo.

Caratteristiche di questa via sono l’irrinunciabile, difficilissima arrampicata libera obbligatoria, lontane, irrisorie protezioni, psicopassaggi su gancetti al limite della tenuta (dove la protezione cioè è più che altro psicologica), e infine una grande nicchia a forma di balena che rompe la continuità della placca: unico luogo dove poter bivaccare.

Passeranno tre anni (1984) prima che si riesca nella prima e seconda ripetizione realizzate non senza difficoltà e rocamboleschi tentativi da Wolfgang Gullich, poi da Manolo e da Heinz Mariacher. L’itinerario verrà definito “allucinante”.

Nel marzo del 1986 al suo terzo tentativo, Maurizio Giordani, conduce la sua cordata nella prima ripetizione invernale: E proprio sul Pesce, Giordani esprimerà la sua classe firmando la prima ascensione invernale dal 16 al 20 marzo 1986 (con Paolo Cipriani e Franco Zenatti )

Cinque giorni in parete con temperature polari e abbondanti nevicate. Un’avventura ai limiti dell’impossibile. O forse ben oltre.

Ormai gran parte del mondo alpinistico parla dell’ultimo grande problema rimasto irrisolto: la solitaria.

Ma dal dire al fare c’è di mezzo un mare di calcare compattissimo.

Maurizio Giordani compie il capolavoro. La prima solitaria il 3 Agosto 1990 con la Via Attraverso il Pesce.

Particolare importante, si autoassicura nel tratto più impegnativo, dove le difficoltà raggiungono il 9° grado Uiaa.

 

1982 – In quattro giorni Maurizio Giordani con Franco Zenatti e Delio Zenatti salgono la parete Sud-Ovest dello Spallone del Croz dell’Altissimo (6a/A4). - Gruppo di BrentaSottogruppo della Gaiarda e dell’Altissimo - Dolomiti di Brenta.

 

1982 – E’ l’anno di Maurizio Giordani, dopo più tentativi,con Franco Zenatti, sale tra la Punta Rocca e la Punta Penia (Marmolada) aprendo la via Rovereto (5c/A3 con qualche chiodo a pressione). Entra così nel “mondo magico” della Marmolada, che non riuscirà più a lasciare. Rileverà il testimone di Heinz Mariacher, ripetendone tutte le vie e poi aprendone moltissime di nuove. Lo stile è: chiodatura minima o inesistente, sicurezza psicologica necessaria, apertura naturalmente dal basso e senza ispezioni; ma anche lui usa lo spezzettamento della via, fa qualche tiro, poi torna, anche per altra via e ricomincia, per essere sempre al meglio.

 

1983Maurizio Giordani, con Paolo Cipriani, aprono la via Sandro Pertini sulle placche del Piz Serauta (Marmolada). Una bellissima impresa, si parla di 7° grado (6b-) e A2, è anche una risposta laica alla via Wojtyla aperta quattro anni prima sulla stessa montagna da Graziano Maffei e Mariano Frizzera.

 

1983 - Maurizio Giordani con Franco Zenatti sulla parete Sud della Marmolada realizzano un nuovo itinerario tra il Pesce e la Conforto aprendo la via Dell’Irreale, con difficoltà di VII° grado e A3. E’ interessante sapere la storia di questa via: «Armando Aste e Mario Manica giungono al rifugio Falier sotto la parete della Marmolada per realizzare un nuovo itinerario individuato giorni addietro. Itinerario che però Maurizio Giordani ha già da qualche tempo iniziato. La stessa sera al rifugio giunge proprio Maurizio Giordani con Franco Zenatti. Il mattino seguente, saputo dove Armando Aste e Mario Manica stanno andando, Giordani li informa che la via è loro. “Se uno attacca una via e poi torna a casa” gli risponde Aste, “non è mica come mettere un cartello di riserva di caccia!”. Giordani risponde che loro salgono per la via Conforto e poi traversano fino al punto massimo già raggiunto, e lasciano libero Aste di attaccare la parte già salita. A questo punto Aste ed il suo compagno rinunciano, lasciando a Maurizio Giordani la possibilità di creare la via Dell’Irreale».

 

1985 - Maurizio Giordani è tra i primissimi nella storica competizione di Bardonecchia.

 

1985 – Ritroviamo Maurizio Giordani in questo momento alpinista di punta in Italia.

La sua attività è intensa, e lungo sarebbe l’elenco delle sue realizzazioni.

Tuttavia nominarne alcune è d’obbligo per dare un’idea del suo spessore alpinistico. Le più severe sono concentrate in Marmolada.

 

1985 - Maurizio Giordani con Franco Zenatti aprono la via Moby Dick con difficoltà massime di 6a+ con quattro passaggi in A0.

 

1985 - Maurizio Giordani con Rossana Manfrini aprono tra la Gogna e la Vinatzer la via Futura su difficoltà di 6b.

 

1985 - Maurizio Giordani con Franco Zenatti tracciano a sinistra del Pesce la via Fortuna con difficoltà di 6b-/b con alcuni passaggi in A0 (secondo Giordani questa via è più dura della via Del Pesce).

 

1985 - Maurizio Giordani con Franco Zenatti realizzano una nuova variante di 200 metri alla via Del Pesce che verrà chiamata Athena con difficoltà di 6c (8°-). L’evoluzione permette di azzardare un nuovo salto di qualità anche in montagna, pur con un notevole restringimento del terreno di gioco.

 

1985 - Il 19 agosto, Maurizio Giordani, ancor prima di aspettare i giudizi dei ripetitori, vuole dimostrare che queste sue nuove realizzazioni sulla parete d’argento sono più dure che qualsiasi altra sulla stessa parete. Sale a tale proposito , in completa solitaria, senza corda ed in libera in poco più di quattro ore, la via Tempi Moderni (Moderne Zeiten) di Heinz Mariacher e Luisa Jovane aperta nel (1982). Maurizio Giordani

 

1986 – 16/17/18/19/20 marzo. E proprio sulla via Attraverso il Pesce, Maurizio Giordani esprimerà la sua classe firmando la 1° ascensione invernale (con Paolo Cipriani e Franco Zenatti). A commento della salita scrive: «L’avventura è finita. Sicuramente la mia più dura esperienza in montagna si è conclusa, lasciandomi però perplesso, anche se indicibilmente soddisfatto. Non mi aspettavo tanto impegno, seppure cercassi di non sottovalutare l’ascensione. Vorrei abbracciare l’amico Igor Koller, per complimentarmi con lui, per dimostragli quanto stimo l’intuito, la capacità che ha dimostrato nel 1981, quando con Jndrich Šustr ha tracciato questa via». Nelle parole di Maurizio Giordani c’è un’ulteriore testimonianza della statura alpinistica ed umana di Igor Koller. Inoltre, esaltando la stessa realizzazione di Igor Koller, Maurizio Giordani valorizza ancor più se stesso e la sua impresa.

 

1987 - Poi per Giordani è la volta di Andromeda. - Andromeda sarà liberata totalmente dall’altoatesino Roland Mittersteiner nel 1990: difficoltà fino al nono grado superiore, con il passaggio chiave lontano dieci metri dall’ultimo punto di assicurazione!

 

1988 - Maurizio Giordani con Rossana Manfrini sull’ultima grande evidente struttura della parete Sud della Marmolada lasciano un’altra loro indelebile firma e creano la via Specchio di Sara

Il roveretano ipotizza difficoltà di nono grado inferiore con quattro punti di aiuto; la via gli richiede una progressione esasperante e un pauroso volo di trenta metri.

 

1989 - Replica nel gennaio con Supermatita di Manolo al Sass Maor.

 

1989 - Maurizio Giordani con Rossana Manfrini cercano un’altra linea possibile sulla “parete d’argento” della Marmolada. Un poco a destra della via Attraverso il Pesce creano Andromeda, 600 metri di 7a- ed artificiale su cliff-hangers. Su questa via Maurizio Giordani non vuole impiegare gli spit. Lascia così i piccoli chiodi “dal grande potere” a casa, e dimostra a se stesso e agli altri di poter realizzare una via con le stesse difficoltà di Specchio di Sara, ma con il solo uso di chiodi normali e di cliff-hangers.

 

1990 - 3 agosto. Maurizio Giordani sale slegato i tiri con difficoltà fino al 6°+ della via Attraverso il Pesce sulla Sud della Marmolada, superando poi in autoassicurazione le lunghezze più difficili, portando a compimento la strepitosa prima solitaria; con difficoltà che vanno dal sesto all’ottavo grado, con tratti superati quasi tutti in libera in dieci ore di arrampicata, stupendo il mondo alpinistico e risolvendo uno degli ultimi grandi problemi dolomitici: “Il suo capolavoro”.

L’autoassicurazione in solitaria non dà valide garanzie di sicurezza, ma il solo uso della corda alleggerisce i movimenti di un non indifferente peso psicologico”, spiega

 

1990 – agosto. Maurizio Giordani con Stefano Righetti e Rossana Manfrini, aprono una via sulla parete Sud della Rock Tower (6150 metri) nel Gahrwal in India.

E’ la “Fiamma di Gelo” su un immenso pilone di granito compatto e strapiombante, di difficoltà superiori al sesto grado, vinto dopo due giorni di arrampicata ed un impegnativo bivacco a 6000 metri e sfuggono miracolosamente a una frana che spazza la montagna.

Tanti miti per un uomo solo.

 

1999 – L’alpinista trentino Maurizio Giordani e Paolo Cipriani aprono una nuova via sul Catinaccio denominandola “Spittomania”. La via, aperta con il trapano e a spit, sale direttamente i 400 metri della parete Est fino al cosiddetto catino con difficoltà massime di 7a+ obbligato.

L’impresa sembra andare contro all’etica di Giordani, ma egli precisa: «Ogni parete ha una sua storia, un suo modo di essere affrontata. La parete va letta prima di essere scalata o di aprirvi una via. Non esiste un approccio a senso unico (…). Questa è stata un’esperienza nuova che però non intendo seguire sistematicamente. Io sono affezionato al mio sistema: Poco materiale, agilità, velocità. E soprattutto avventura (…). Avevo notato questo tratto di parete ancora libera. A mio parere ci poteva stare una bellissima via. Ma per poterla fare in libera andava attrezzata con protezioni fisse e soprattutto solide. La parete è a tratti verticale e a tratti strapiombante. Su uno strapiombo se non hai uno spit che ti protegge non puoi tirare la libera più di tanto, perché salti giù (…). Non sono mai stato contrario all’uso dello spit, è sempre un mezzo per avanzare in parete. Piuttosto sono contrario al loro uso sistematico. Personalmente preferisco salire, portandomi al mio limite e, quando c’è bisogno della protezione, metterla».