Il canonico Jean Georges Carrel, dotto fin che si vuole (e lo era in sommo grado), ma anche quanto mai pragmatico: se si scopre una via di salita italiana alla Gran Becca (il Cervino), i “touristes” inglesi sarebbero piovuti a valanga in Valtournenche con le ovvie ricadute economiche per i valligiani. Esattamente come a Chamonix. Basta scuotere qualcuno ed indurlo ad aprire la strada. E, nel 1857, qualcuno ci prova. Forse sono soltanto tre teste dure di “chasseurs” del Breuil, anzi di Avuil, ma che entreranno nella storia perché saranno dei protagonisti.
Il primo è Jean Antoine Carrel “il Bersagliere”.
Il secondo della matta brigata è lo zio del “Bersagliere” Jean Jacques Carrel, vecchio cacciatore, incallito contrabbandiere, che conosce a perfezione le montagne di casa, un tipo da prendersi con le molle.
Il terzo è un gigantesco cugino di Jean Antoine Carrel “il Bersagliere”, il seminarista Amé Gorret “l’Ours de la Montagne”, pittoresca figura di contrabbandiere, bracconiere, formidabile bevitore, accompagnatore in montagna del re Vittorio Emanuele II°, tanto in confidenza da permettersi di dagli dell’asino in occasione di un guado d’un torrente in piena.