* Inseriamo il racconto di Gabriele Boccalatte tratto dal suo libro “Piccole e Grandi ore Alpine”.

 

1934 - 10 agosto - Partenza, ore 8,35. Colletto di fronte alla parete, ore 10,35. lo propendo per una passeggiata fino al colletto del Père Eternel, per vedere la parete di fianco. Salito il ghiacciaio, attacchiamo le rocce a destra del canale che scende dal colle. 30 metri abbastanza difficili per le rocce rotte, molto pericolose. Arrivo al colle (andatura lentissima), alle ore 15. Fermata. Al colletto, mettiamo le pedule. Io parto in velocità per «vedere» la salita del Père Eternel, che ci terrei compiere, tanto per non sprecar la giornata. Ore 16. Breve passaggio, per arrivare alla cengia da cui parte la pertica, ben solida e ben fissata alla base e a metà a due aghi da mina. In alto muove ed è difficile uscire sullo strapiombo. V’è un cordino che doveva fissare la cima della pertica ad un chiodo; ma il chiodo non c'è più e mi affatico inutilmente a tentare di tenermi in equilibrio sulla pertica mobile. Infine decido di mettere un chiodo, ed allora posso fare abbastanza bene il passaggio. Due metri più in su, ci si può fermare su una minuscola cengetta. Chiodi fissati nella viva roccia e appigli artificiali. Salita tutta difficile fino alla cresta sommitale, a qualche metro sotto la vetta. Sulla vetta, bandiera di metallo. Esposizione estrema da tutti i lati. Giunti i compagni sulla cresta, discendo fino ad essi e fissiamo la corda doppia (ore 18) al chiodo con anello di ferro, che ci conduce in breve alla base delle difficoltà. Alle 20 passate, con le ultime luci, tocchiamo, con una lunga corda doppia, la neve del pendio sotto le rocce del colle. Discesa notturna fino al Pavillon. Arrivo ore 1,20 di notte.