1932 - Gian Battista Vinatzer con Vincenzo Peristi riprende la Via Solleder sulla parete Nord della Furchetta e sale fino al Pulpito Dulfer. Invece di attraversare per evitare la giallastra e friabile muraglia sommitale, egli prosegue direttamente per 200 metri fino alla vetta, superando difficoltà veramente allucinanti, definite dai pochissimi ripetitori di questa variante come l’opera di un pazzo o di un irresponsabile.
1933 - Gian Battista (Hans) Vinatzer con Vincenzo Peristi innalzano le difficoltà fino alla soglia del VII° (o per meglio dire del 6a+). In una parete soleggiata, al di sopra di verdi prati, si innalza una fessura di 200 metri che incide la parete della Stevia, sopra S. Caterina in Val Gardena.
Usano le manchon, scarpette di feltro pressato su pedolina scamosciata (messe a punto da Hans Kresz), unica alternativa alle quali sono le scarpe da pallacanestro adoperate anche da Emilio Comici, ma che costringevano ad un’arrampicata esterna al massimo: busto in fuori, piedi contro la parete e braccia tese a controbilanciare. Sia con le manchon, che con le scarpe da pallacanestro, mancando la rigidità della suola non è possibile alcuna presa di spigolo laterale e tanto meno di punta, ma di aderenza. Molti preferiscono addirittura bagnarne la suola prima del passaggio difficile, ed in mancanza di altro non esitano ad usare un liquido ottenuto “in modo del tutto naturale”. Per ottenere il massimo d’aderenza perciò si arrampica staccati dalla roccia, con il corpo proteso in fuori ad arco; le mani e le braccia sostengono lo sforzo principale. E’ importante la velocità: si sta su grazie alla velocità (come in bicicletta). Dal punto di sosta si parte dopo aver individuato più in alto “il grosso appiglio”, poi ci si lancia di corsa per cinque, sei, dieci metri. Arrivati “al grosso appiglio” ci si può fermare giusto il tempo per chiodare prima della corsa seguente. Gian Battista Vinatzer e Vincenzo Peristi, poco quindi possono sulle placche, ma con incastri e contorcimenti sulla fessura riescono a passare. Assistiamo così ad un nuovo innalzamento delle difficoltà: il VII° nasce in fessura.
Karl Poppinger, accortosi che qualcosa sta cambiando, propone inascoltato di introdurre nella scala il VII° grado. Ma contro di lui è la parete stessa, mancante di quei requisiti oggettivi necessari a classificarla anche solo di VI°. Anche se il concetto non è ancora presente la via è su una struttura bassa ed insignificante che negli anni ’80 diventerà catalitica del Free climbing: la Falesia.