1964 - Il 7 luglio, 14 francesi, 5 guide e 9 aspiranti guide si arrampicarono sull’Arête des Montets.
Vi sono state tre settimane di bel tempo, le condizioni della montagna sono ottime.
Verso le 8,30 la prima cordata, il cui capogruppo è Jean-Louis Jond è nei pressi della cima.
Jean Franco, direttore dell’ENSA (Ecole Nazionale de Ski et d’Alpinisme) di Chamonix, tiene sotto controllo il corso dall’elicottero e parla via radio con Jond.
Tutto è in ordine.
Alle 11 si ode un boato proveniente dal Couloir Cordier. Un’enorme slavina si abbatte sulla parete e precipita sul Glacier des Rognons.
Allarme a Chamonix.
Alle 11,40 gli uomini della squadra di soccorso recuperano i primi corpi lungo il Couloir Cordier.
Un elicottero ispeziona la zona sommitale sul versante Nord.
Il pilota e le guide rabbrividiscono dinanzi a ciò che appare ai loro occhi: circa 60 metri al di sotto della vetta si può distinguere chiaramente il distacco di un lastrone di neve. Le tracce appaiono dirette verso la zona di frattura.
Quattordici alpinisti esperti rimasero vittime di un disastro in una zona relativamente poco difficile.
La zona del distacco aveva una pendenza di 45 gradi.
«Devono essere entrati nell’area del lastrone di neve uno dietro l’altro a distanza ravvicinata con le corde raccolte in anelli, fatto consueto su terreni di quel tipo», sostiene Jean Franco. Non potevano immaginare che la superficie della neve non aderisse al sottofondo.