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Gian Battista Giacin – (

 

 

1857 – Mai forse sapremo perché il botanico ed alpinista John Ball, esperto conoscitore e compilatore della prima organica guida delle Alpi, scelga il Pelmo per una decisa e quanto mai ardita conquista.

Con una guida locale, sembra Gian Battista Giacin, John Ball si dirige a colpo sicuro all’inizio di una cengia di stratificazione calcarea, e che porta al famoso ostacolo: il Passo del Gatto. La parete a picco presenta solo una stretta fessura orizzontale; i due recuperano la facile cengia perduta, strisciando nell’incavo con il ventre a terra: da cui il nome del varco. Raggiunta la fascia ghiaiosa stretta dalle due ampie spalliere rocciose e dall’anfiteatro a forma di poltrona, che i valligiani chiamano “el caregòn del Padre Eterno”, la guida supplica il determinato irlandese di desistere. Costui però prosegue ben deciso a raggiungere la vetta agognata e fortemente voluta.

Si parla di precedenti salite al Pelmo da parte di cacciatori o di pastori, e dell’esistenza di già quattro vie di salita; ma è l’impresa di John Ball quella più importante, perché è il primo vero atto di volontà: il voler raggiungere il punto culminante di una vetta dolomitica a tutti i costi.

John Ball realizza nella pratica il motto del suo compatriota, il Reverendo Charles Hudson: “Là dove c’è una volontà, là c’è una via!”.

Siamo agli albori dell’arrampicamento su roccia.

 

1877 – Una guglia sperduta nel gruppo delle Marmarole, nella conca del Sorapis viene salita da una guida di San Vito di Cadore: Luigi Cesaletti accompagnato, sembra, da un’altra guida Gian Battista Giacin.

Pare che il movente di tale ascensione sia nata da una scommessa, ma i misteri che attorniano quest’impresa sono tanti. Importante sottolineare che Luigi Cesaletti tocca il III grado, ridiscendendo in arrampicata libera per dove è salito! I tempi ormai sembrano pronti per qualcosa di diverso.

Inoltre ecco la curiosa storia della loro discesa ad Auronzo, dove si è radunato per il congresso nazionale, il Club Alpino Italiano: “L’assemblea sta per sciogliersi verso il banchetto ufficiale. Il signor Dalgas si alza rivolgendo per ultimo poche parole. Nel rammentare come uno dei caratteri più spiccati dell’Associazione sia quello della fratellanza e della piena uguaglianza fra i soci, crede opportuna, a farlo risaltare, anche l’introduzione di un comune saluto che consisterebbe nella parola “salve”, da usarsi negli incontri alpini a un’altezza superiore ai mille metri. L’assemblea accoglie la proposta ma … senza limite di altezza. In quella si apre la porta della sala ed entra un socio ad annunciare festante la nuova difficile salita delle guide Luigi Cesaletti e Gian Battista Giacin sulla Torre dei Sabbioni. Tutti applaudiscono recando il primo “salve” ai due montanari.