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Claire-Eliane Engel - (

 

 

Claire-Eleane Engel, specialista di storia e di letteratura alpina, dedicò gran parte della sua ricerca alla montagna e nel 1925 presentò una tesi di laurea all’Università della Sorbona di Parigi sul tema della “Letteratura alpestre in Francia e in Inghilterra dal XVIII al XIX secolo”. Soltanto venticinque anni più tardi, nel 1950, diede alle stampe The history of mountaineerig in the Alps.

Di formazione accademica ma di stile elegante e piacevole, supportato da un’intelligente ironia e da un’avvincente base aneddotica, ha scritto una Storia apprezzabile anche dal vasto pubblico e questo resta uno dei suoi meriti maggiori. Inoltre le affascinanti speculazioni sulle origini e sui primi sviluppi (anche spirituali e simbolici) dell’alpinismo, sempre acutamente correlate ai modelli culturali del tempo, rappresentano un punto di partenza tuttora fondamentale per uno studio dell’esplorazione alpina. È nell’esame comparato delle diverse scuole che si rivelano invece i limiti della Engel, evidentemente parziale sul piano del confronto internazionale. Se da un lato, infatti, si apprezza il rifiuto tipicamente anglosassone della retorica dell’Alpe - «sarebbe sacrilego credere che il messaggio delle montagne sia una lezione di morale, perché questo significherebbe attribuir loro una spiegazione indegna. Meglio insistere sulla loro bellezza, sul loro mistero...» (op.cit.) -, dall’altro si sorride di fronte allo smaccato pregiudizio nazionalistico. È ridicolo argomentare che soltanto l’Inghilterra potesse vantare una cultura alpinistica sul finire dell’Ottocento, non si può liquidare l’austriaco Lammer con «un’impressione penosa; il suo libro è il delirio metodico di un pazzo » e non si può neppure ridurre quasi tutta l’attività italiana e tedesca tra le due guerre a una corsa suicida in nome dei regimi. La Engel, inoltre, scivola spesso in un’approssimazione delle imprese, con errori anche grossolani: Guido Rey avrebbe scalato la parete nord della Bessanese, «un orribile muro di roccia marcia». Si ha l’impressione che la raffinata analisi intellettuale degli uomini e del loro pensiero non sia affiancata da una sufficiente conoscenza delle montagne, cioè dell’altro elemento fondamentale per una corretta interpretazione dell’alpinismo.