Da: La Morte del Chiodo
di Emanuele Cassarà
Pagina 270.
Catherine Destivelle (1960) Bella, audace, scientifica, fantasiosa.
Nel 1985 e nel 1986 vince le prime competizioni mondiali di arrampicata sportiva, a Bardonecchia e ad Arco di Trento. Ma poi fa avanzare il valore delle donne sul mondo verticale infilando alcuni successi esemplari: prima solitaria femminile al Pilastro Bonatti del Dru; prima solitaria e via nuova ancora sul Petit Dru; prima femminile solitaria alla Nord dell’Eiger e prima femminile solitaria invernale allo sperone Cassin sulle Jorasses; infine, prima solitaria invernale femminile alla Nord del Cervino via Bonatti.
Da: Montagna primo amore
Club Alpino Italiano
Commissione Centrale
Alpinismo Giovanile
Edizione 1992 - Pag. 50/51.
Questa è Catherine Destivelle, la migliore arrampicatrice francese divenuta ormai una star nel mondo dell’alpinismo.
Algerina di nascita, francese di adozione, diplomata fisioterapista, la bella ragazza bionda è stata considerata la numero uno dell’arrampicata sportiva internazionale prima di dedicarsi al grande alpinismo.
Inizia ad arrampicare giovanissima sui sassi di Fontainebleau, classica palestra degli scalatori parigini.
Segue i corsi organizzati dal Club Alpino Francese (CAF) e si sente particolarmente attratta dall’arrampicata “difficile”.
Man mano che la sua preparazione aumenta sente che la montagna è il suo mondo.
Arriva alle grandi cime delle Alpi. La verticalità delle pareti anziché spaventarla esercita su di lei un fascino particolare. Una seduzione che le consente di effettuare nonostante la giovanissima età imprese di primissimo ordine, quali la parete Nord dell’Olone, la parete Nord dell’Ailefroid ed, infine, gli strapiombanti Diedri del Dru.
Dopo un lungo periodo di pausa che pareva averla definitivamente distolta dall’attività alpinistica, riprende l’arrampicata sportiva.
1985 - In luglio partecipa alla prima competizione internazionale di Bardonecchia e la vince.
1986 - Prende parte alle gare di Arco ed è di nuovo vincitrice.
Scrive Catherine: “E’ molto importante arrampicare per sé stessi. L’entusiasmo e la motivazione vi fanno progredire più in fretta di qualsiasi altro stimolo”.
Per lei è stato sicuramente stimolante avere avuto in giovane età un obiettivo da raggiungere.
“Si, credo che sia un aspetto molto importante, non solo per i bambini, ma anche per gli adulti. Quando arrivano in cima sono tutti contenti perché ce l’hanno fatta. Col tempo io ho scoperto che era un gioco in cui di fronte a strutture sempre diverse bisognava creare passaggi nuovi e prese giuste. Insomma, un fantastico gioco di tattica”.
Un gioco che Catherine ha trasferito sulle più grandi e temibili pareti delle Alpi e dell’Himalaya.
Alla fine del 1991 ha fatto discutere la sua salita solitaria ai Dru, ripetendo in parte la via tracciata da Walter Bonatti. Si, era assistita dagli elicotteri, ma quei cinque giorni in parete a lottare con le bufere, a tirare su i viveri e l’acqua, hanno richiesto una forza d’animo non indifferente.
E se mai ci fossero dei dubbi, Catherine si è anche misurata pochi mesi dopo, nel marzo del 1992, con l’Orco in persona: ovvero la parete Nord dell’Eiger compiendo la prima salita solitaria invernale femminile in 17 ore.
Va detto che quest’ultima impresa segna probabilmente un importante traguardo nella storia dell’alpinismo e s’inquadra nella generale tendenza che accomuna tutte le discipline sportive: le donne si avvicinano sempre di più agli uomini.
Secondo gli studiosi americani, infatti, le donne hanno migliorato i loro record, dal 1955 a oggi, del 61 per cento contro il 18 per cento degli uomini.
Sull’impresa i giudizi sono stati anche questa volta cauti e sfumati.
E non già per l’eccesso di “mediazione” (troppi sponsor e televisioni a seguirla), ma perché un exploit così, se una decina d’anni fa poteva apparire impensabile, oggi appare quasi ovvio.
“Non dimentichiamo che molte donne hanno scalato in cordata la parete Nord dell’Eiger e che l’impresa di Catherine entra nella logica”, osserva la scrittrice francese Simone Desmaison.
E Luisa Iovane, arrampicatrice italiana di punta: “Perché stupirsi? Ognuno, uomo o donna che sia, è libero di scalare le pareti che desidera, nel modo che gli è più congegnale”.
Catherine ha nel suo curriculum anche un film-cardine dell’arrampicata moderna, “Pericoloso sporgersi”, realizzato nel Verdon che è la mecca dei climber moderni.
Qual è la spinta vitale che la fa continuare ad arrampicare? “Per me è importante che l’arrampicata sia sempre un gioco capace di divertirmi, nel quale miglioro continuamente. Se resta un modo per trovare forza, equilibrio e divertimento, allora funziona”, spiega.
E a proposito dei vantaggi che le donne manifestano nell’arrampicata rispetto al sesso “forte” dice: “Si, le donne sono in genere più leggere, hanno dita forti e molta agilità. Per questo hanno fatto grossi passi in avanti. Oggi si può dire che siano arrivate al livello in cui erano gli uomini tre anni prima”.
Da: La Storia dell’alpinismo
di Gian Piero Motti
Volume 2 – Pagina 624/625.
Il personaggio pubblico degli anni Novanta è una donna dagli occhi verdi: Catherine Destivelle.
La scalatrice più affermata della storia conquista le copertine di Paris-Match, ma soprattutto riesce a competere sul campo con l’avanguardia maschile e maschilista della montagna.
Dopo un’adolescenza alpinistica e un lungo entusiasmante intermezzo di arrampicata sportiva (storica, nel 1985, la sua vittoria alle prime gare di Bardonecchia), intorno ai trent’anni la parigina ritorna alle grandi pareti.
1988 - Catherine Destivelle a Buoux (Francia) ripete la via Chouca. La prima via di 8a mai salita da una donna. «Chouca è 8a ma è soprattutto una bellissima arrampicata». (Catherine Destivelle)
1990 - Catherine Destivelle, nell’estate scala in appena 5 ore il pilastro di Walter Bonatti al Petit Dru. Il suo exploit viene filmato dall’elicottero.
1991 - Catherine Destivelle, emulando le gesta del maestro Walter Bonatti, ritorna sul Dru e in undici giorni di delicata arrampicata solitaria apre un nuovo itinerario (per la verità un po’ forzato) sull’immensa parete ovest. Nessuna donna ha mai fatto altrettanto, pur con le indubbie facilitazioni dell’elicottero e del conforto via radio.
1992 e 1993 - Ormai è pronta per i grandi cimenti invernali e in due stagioni –– supera con sicurezza ed eleganza l’Eigerwand e lo Sperone Walker.
Gli obiettivi e le telecamere sono tutti per lei.
In vetta alle Grandes Jorasses riceve in omaggio un bignè al caffè.
1993 – Catherine Destivelle è pronta per i grandi cimenti invernali e supera con sicurezza ed eleganza lo Sperone Walker d’inverno. (Prima solitaria invernale femminile). Gli obiettivi e le telecamere sono tutti per lei. In vetta alle Grandes Jorasses riceve in omaggio un bignè al caffè.
1999 – La fuoriclasse francese Catherine Destivelle a giugno ripete il solitaria la via Hasse-Brandler-Lehne-Löw alla Cima Grande di Lavaredo (prima solitaria femminile).
Realizzazione non priva di difficoltà, e di sapore antico. Partita di venerdì, raggiunge verso le 21,30 di sabato la cengia sommitale, bivaccando una notte tra cielo e terra, e percorrendo in pratica 1500 metri di parete, in quanto dopo ogni avanzamento ridiscende per togliere le protezioni inserite durante la salita e torna nuovamente su con l’ausilio della corda. Usa quindi la tecnica di autoassicurazione su difficoltà di 6c/A2/A3. Durante l’ascensione una scarica di sassi le trancia di netto la corda, ed è costretta a riannodarla, aggiungendo un’ulteriore difficoltà alla manovra di risalita con i jumars. Una bella avventura per questa fuoriclasse francese!.