1897 – Una gloriosa salita che non otterrà successo agli occhi del pubblico è la conquista della grande bastionata meridionale, attraverso la fessura S’Cesora, della Marmolada. La fessura, che unisce la Marmolada di Rocca con il Piz Serauta (e dunque siamo ben lontani dalla vetta) è vinta da Cesare Tomé con la guida Santo De Toni e il portatore Luigi Farenzena. L’episodio più curioso di questa grande impresa è l’uso di alcuni cavicchi speciali di ferro che il De Toni pianta e il Farenzena toglie. I cavicchi hanno bisogno di un foro praticato artificialmente nella roccia … praticamente dei primitivi chiodi ad espansione.
Senza trarre conclusioni, si può notare come questa impresa sia da una parte priva del giusto entusiasmo di pubblico, e dall’altra parte l’introduzione di “mezzi artificiali”.
Ecco la trascrizione dell’estratto della relazione della via, diciamo … di una volta: La prima ascensione realizzata sulla parete Sud della Marmolada. “A due terzi della salita bisogna piantare dei chiodi di ferro preparati dal Vulcano di Caprile. Era bello vedere Santo De Toni, lassù, con la punta del piede su un chiodo, il ginocchio appoggiato a un altro, tenendosi saldo in aderenza alla parete, perforare la roccia a due mani per un altro chiodo, mentre più in basso noi eravamo aggrappati alla parete come mosche”. Contrariamente a quanto avviene oggi, il portatore, terzo di cordata, passando recuperava i chiodi per poi passarli in sosta al primo.
La cordata era molto attrezzata. “Cibi condensati sufficienti per resistere tre giorni e anche più in parete, materiale da bivacco e, per chiamare soccorso, ove necessario, una trombetta delle ferrovie italiane, il walkie-talkie del tempo”.
1906 - Cesare Tomé, oramai sessantaduenne e Santo De Toni, cinquantasettenne con il portatore Donato Del Buos, dopo un bivacco al Col Rean (Civetta), si mettono alle tracce della via di Dimai e degli Inglesi, lungo l’itinerario aperto undici anni prima.
Su questa salita cala il silenzio fino agli scritti di Domenico Rudatis, il quale rintraccia il libretto di guida di Santo De Toni ed un inedito scritto di Cesare Tomé, stabilendo, con prove quasi irrefutabili, che i due aprono una nuova via sulla parete Nordovest della Civetta. Infatti, volendo seguire, e non trovando, la Via degli Inglesi, sopra il Cristallo puntano direttamente all’intaglio tra la Civetta e la Punta Civetta.
Per 19 anni rimane l’unica via con meta la vetta principale e con difficoltà per quel tempo estreme.
Domenico Rudatis stabilisce, con le giuste misure storiche, la nascita della: Via degli Agordini.