In un crepaccio dell'Antelao si è conclusa il 5 giugno 2009 la vita di Giuliano De Marchi, 62 anni, alpinista accademico, medico bellunese, protagonista della moderna corsa agli ottomila, tra i padri fondatori di Mountain Wilderness.
La notizia ha gettato nello sconforto i tanti amici ed estimatori di Giuliano, uomo dolcissimo e generoso, anche per le modalità con cui si è consumata questa ennesima tragedia della montagna. De Marchi era partito venerdì 5 giugno 2009 per un'ascensione solitaria sulla famosa vetta del Cadore. L’allarme è scattato in serata e subito sono iniziate le ricerche che per due giorni hanno dato esito negativo. Domenica 7 giugno 2009, proprio quando le ricerche stavano per essere interrotte, una squadra del Soccorso alpino, sulla via del rientro, ha trovato le sue spoglie.
Nato a Conegliano ma bellunese d'adozione, medico urologo, De Marchi ha fatto parte del Soccorso alpino di Belluno. Ha compiuto spedizioni in ogni parte del mondo: dall'Himalaya al Karakorum, all'Alaska, Africa, Ande, Groenlandia. Aveva all'attivo tre ottomila e tre tentativi all'Everest: nel 1980 dal Nepal fino a 8769 m, nel 1991 dal Tibet per la parete Nord fino a 8400 m. (in quell'occasione rinunciò alla cima per salvare la vita al suo compagno Fausto De Stefani riportando gravi congelamenti) e nel 1994 per la Cresta Nord fino a 8650 m.
Due le rinunce anche al K2 nel 1983 dal versante cinese per la Cresta Nord fino a 8300 m. e nel 2004 dal Karakorum pakistano fino a 7400 m. Due anni fa nelle pagine dello Scarpone ha raccontato una delle sue esperienze più audaci e originali: aveva voluto festeggiare il sessantesimo compleanno sul McKinley, a 5000 metri, lungo l'impegnativa West Buttres, realizzando in compagnia dell'aspirante guida Michele Barbiero la prima italiana alla parete Nord. Una significativa testimonianza del suo grandissimo amore per la montagna.