1996 – Luigi Dal Pozzo e Venturino De Bona sul Sass dals Diesc nella conca del Vallòn (Gruppo del Sella), risolvono le estreme placche della parete aprendo un itinerario di 300 metri con difficoltà che raggiungono il 7b+/7c. L’uso prevalente è di mezzi tradizionali, vengono infatti usati 4 soli spit contando quelli di sosta. La via è “Perpendicular”.
1999 – Venturino De Bona e Piero Bez, alpinisti di Longarone, aprono sulla Civetta una delle più dure vie delle Dolomiti. Via che sicuramente rimarrà nella storia di questa montagna. Nuvole Barocche è il nome del nuovo itinerario che i due alpinisti hanno tracciato in tre anni di duri sacrifici. Fatiche che però hanno permesso loro di creare una linea perfetta, impressionante, dritta in mezzo alle placche verticali e lisce del cuore della parete Nord Ovest della Civetta.
Lottano, oltre che con le difficoltà della parete, anche contro il tempo piovoso che li costringe ad andare e tornare. Spesso devono attendere con pazienza che la parete si asciughi. A volte non fanno neanche in tempo ad arrivare al punto massimo toccato in precedenza che già sono costretti ad un nuovo ritiro per maltempo.
«Tre giorni, almeno tre giorni servono per uno che voglia provare la libera; perché non si tratta di ciapaetira dove basta avere la pompa, ma di placche compatte, lisce e tecniche a reglettes, più qualche raro, molto raro, buco».
De Bona per descrivere la via usa termini da falesia, ma l’itinerario non è di certo una semplice arrampicata sportiva sulla Civetta. Ecco la sua relazione: «Iniziata il 17 agosto 1996 e terminata nei giorni 11/12/13 settembre 1999. In totale 10 giornate passate in parete con 8 bivacchi di cui 5 sul terrazzo del diedro Philipp, raggiungibile con una doppia che parte dall’altezza del 9° tiro. Gli altri bivacchi sono stati fatti due su amaca alla fine del 18° tiro (sotto al grande tetto) e un altro nel canale alla fine del 23° tiro. I primi tre tiri sono in comune con il diedro Philipp, il 26° e il 27° sono condivisi con la Comici. Gli ultimi tre tiri ricalcano invece una variante del 1989 al Philipp, aperta da alpinisti spagnoli.
Ci sono tratti di 7b obbligatorio e A1/A2, più un passaggio di A2 sui ganci. Sono stati usati sky-hooks per piazzare le protezioni dal 10° al 19° tiro (escluso il 18°).
All’inizio del 12° tiro è stato effettuato un pendolo, probabilmente evitabile tirando in libera. Il tratto in artificiale del 13° tiro lascia molti dubbi al proposito delle possibilità di libera, così come quello (marcio) del superamento del tetto del 19°.
Il passaggio di A0 per partire dalla sosta del 15° tiro è sicuramente liberabile. A parte il 10° tiro (già liberato rotpunkt con difficoltà di 7a+) tutti i tiri del muro centrale attendono una ripetizione in continuità, alcuni con difficoltà di 8a/8b (?).
Occorre usare tre corde fisse sul muro centrale, per poter scendere a bivaccare sul terrazzo del Philipp-Flamm (un po’ più comodo) per poi poter risalire velocemente il giorno dopo. Attualmente due corde fisse sono ancora in parete. Sono stati usati 34 spit di passaggio e 20 spit di sosta (tutti da 8 mm. piantati a mano). I chiodi di passaggio sono 44 (compresi quelli in comune con le altre vie). Sono tutti rimasti. I chiodi di sosta rimasti sono 21».
Probabilmente la presenza degli spit innescherà l’immancabile polemica. Polemiche sui chiodi a pressione/espansione che mai si sono placate (come finora visto) e che mai si placheranno: «(…) Finché un bel giorno del 2099 concorderanno tutti sul fatto che l’unico vero alpinista è uno che non ride mai, perché sta teso di bestia per salire a vista e slegato qualsiasi parete gli si pari davanti. E concorderanno sul fatto che tutti gli altri occupano gradini più o meno alti della scala “combinata” tra rischio e capacità di passare on sight. Ma quelli non sono veri alpinisti, sono persone che si divertono con la quota, il vuoto, la roccia e l’adrenalina. E a cui a volte, per fortuna, scappa anche da ridere…».