1929 – Una sconosciuta guida di Canazei, lontana dalle polemiche e dagli ambienti di rito, e digiuna dei conflitti etici in corso, realizza un itinerario nella più ferrea logica antica, “dove ogni metro fuori via è stupido ed inutile” E’ Luigi Micheluzzi, ventenne, coinvolto da Roberto Perathoner e Demetrio Christomannos che armati di una corda di canapa, due martelli e sette chiodi, innalzano di nuovo il limite dell’arrampicata. Micheluzzi è arrampicatore istintivo che si allena regolarmente sui sassi vicino a casa.
I tre, dopo un bivacco in un’umida e fredda gola, aprono una via con diversi passaggi di 6° grado. Nella parete finale inoltre superano un tetto con brutale ed atletica arrampicata d’incastro. Lì Micheluzzi perde dalla tasca la “luganega” (salsiccia) e la pipa, suoi “attrezzi” indispensabili da bivacco: “Anche la pipa ho perso, porca miseria, quella sì che mi è dispiaciuto”.
A sostegno di quest’impresa, che sarà presto dimenticata e dovrà aspettare i giudizi di Hermann Bhul, Jean Couzy e Reinhold Messner per essere rivalorizzata, citiamo il numero di chiodi usati, ben 6! e la parete superata: la Sud della Marmolada.
Osservatore privilegiato, “Tita” Piaz che si trova a percorrere una via adiacente. Toccherà a lui difendere Micheluzzi da Walter Stösser, che ripetuta la via, intende appropriarsene come prima ascensione. Ciò accade perché la notizia della salita italiana non giunse agli alpinisti di lingua tedesca. E’ il primo 6° grado del pilastro Sud della Marmolada di Penia.